Il rettore dell'Università di Bologna è intervenuto nel corso della presentazione di un'indagine di Almalaurea sui livelli occupazionali degli universitari. Secondo i dati, i giovani che si iscrivono sono solo il 30% (un tasso molto più basso rispetto agli altri Paesi europei e agli obiettivi richiesti da Bruxelles)
Il giudizio è categorico: “Dire che ci sono troppi laureati in Italia è una bestemmia”. E a dirlo è il rettore dell’Università di Bologna, Ivano Dionigi, che nel corso della presentazione di un’indagine di Almalaurea sui livelli occupazionali degli universitari, ha voluto mandare un messaggio chiaro alla politica. Senza usare mezzi termini. Per il rettore va dimenticata l’immagine di un Paese che sforna un numero eccessivo di laureati. Al contrario, andrebbe avviata una riflessione su alcuni dei dati emersi dal rapporto. In particolare quello che parla della percentuale dei diciannovenni che decidono di iscriversi all’ateneo, oggi ferma al 30%. “Una tragedia” secondo il rettore. “Un dato, quello sulle iscrizioni del 2012, che allontana in partenza quello che era l’obiettivo fissato dalla Commissione Europea per il 2020, ovvero il raggiungimento del 40% di laureati nella popolazione tra i 30 e i 34 anni. A oggi, tra i 25 e i 34 anni ha infatti un titolo di istruzione di terzo livello solo il 21% contro il 59% del Giappone, il 47% del Regno Unito, o il 43% di Francia e Stati Uniti. L’Italia è ben al di sotto della media Ocse (39%) e di quella dell’Ue a 21 (36%)”.
Nel corso dell’intervento, di cui l’agenzia Dire riporta alcuni frammenti, Dionigi ha invitato la politica a riflettere sui suoi doveri, come quello di aprire le strade del lavoro e dell’occupazione ai giovani che escono dalle università, con una laurea in mano. Un compito che secondo il rettore dell’Alma Mater ricade troppo spesso sulle spalle degli atenei. Basti pensare al Career day, organizzato proprio qualche giorno fa dall’Università di Bologna. “Credevamo che non fosse nostro dovere trovare lavoro agli studenti, che spettasse alla politica” è stata la stoccata di Dionigi.
Presente all’incontro anche il ministro dell’Ambiente ed ex-sottosegretario dell’Istruzione nell’esecutivo Letta, Gianluca Galletti, che si è concentrato sulla questione dei fondi governativi. “Investire sull’università è la nostra sfida” ha dichiarato dal palco. “Dobbiamo recuperare il gap creato dai precedenti tagli alla pubblica amministrazione, e pensare che ogni euro che mettiamo in istruzione e ricerca non è una spesa, ma un investimento”. Il rapporto di Almalaurea presentato dal rettore prende in esame anche la situazione dei laureati a Bologna nel 2012 (ha coinvolto oltre 26 mila persone, sia con titolo triennale, sia con titolo magistrale), analizzando la loro posizione nel mercato del lavoro. La fotografia non è rassicurante. Il tasso di occupazione dei neolaureati triennali di Bologna è inferiore alla metà, pari al 42%. Valore però in linea con la media nazionale che è del 41%. “Tra gli occupati triennali dell’Università di Bologna – si legge nella sintesi dello studio – il 29% è dedito esclusivamente al lavoro, mentre il 13% si è iscritto ad un corso di laurea magistrale e coniuga gli studi con il lavoro”. Ha scelto di continuare a studiare iscrivendosi a una laurea magistrale circa il 54% (anche qui ci si allontana poco dalla percentuale nazionale che il 55%). Il 12% dei laureati triennali, invece, non lavorando e non studiando si dichiara alla ricerca di lavoro.
Pochi coloro che, usciti da un corso triennale, hanno un lavoro stabile, ossia con contratti a tempo indeterminato o da autonomo. A un anno dalla laurea, infatti, solo 28 ex studenti su cento sono inquadrati in questa posizione (la media nazionale è del 34,5%). Gli occupati che non hanno un lavoro stabile rappresentano il 72% (prevalentemente con contratto a tempo determinato, mentre l’11% è senza contratto). “L’analisi deve tenere conto che si tratta di giovani che in larga parte continuano gli studi, rimandano cioè al post laurea di tipo magistrale il vero ingresso nel mondo del lavoro”. Per quanto riguarda i neolaureati magistrali, a dodici mesi dalla fine degli studi lavorano solo 57 giovani su cento. Percentuale di poco superiore alla media nazionale, che è del 55%. Il 15% continua il suo percorso sui libri, mentre il 28% è alla ricerca di un impiego. La precarietà tocca la maggioranza, con dati che sfiorano il 74%. “Il guadagno – si legge infine – è in linea con la media nazionale: 1013 euro mensili netti, contro i 1038 del complesso dei laureati magistrali”.