Vive al 33 di via Pascarella. Una decina di civici prima, al 19, proprio all’angolo con via Trilussa, nell’autunno scorso Antonino Benfante, detto Palermo, ha ucciso Pasquale Tatone, boss della droga, dal 2007 legato al padrino della ‘ndrangheta Biagio Dentino Crisafulli. Cuore criminale di Quarto Oggiaro, periferia nord di Milano. Oltre via Pascarella, via Lopez, ex fortino dei Tatone, e poi via Capuana, centrale operativa (oggi) del clan Carvelli, calabresi di Petilia Policastro con buoni contatti nel crimine organizzato. In queste case popolari con i tendoni verdi alle finestre e la parabola per la tv via satellite è cresciuto Tommaso Mannarino, classe ’65, petilino pure lui, come il vecchio Frasca, al secolo Enzo Carvelli, ex capoclan che, scontato il carcere, è tornato in quartiere da libero e rispettato cittadino.
Educazione criminale quella di Mannarino, ore di marciapiede e bar, di spaccio soprattutto. Carriera brillante quella di Skippy Mannarino. Carriera a ostacoli anche. L’ultimo, sabato scorso, quando in via Pascarella 33 bussano i carabinieri di Monza. In mano un’ordinanza d’arresto per sei rapine in concorso. Un anno di razzie, tra il 2011 e il 2012, e oltre centomila euro di bottino. Obiettivo preferito: istituti di credito assaltati a volto scoperto e con un taglierino. Il colpo più goloso: 83mila euro alla gioielleria Borroni di Cesate. Con lui in carcere finiscono altre tre persone. Mentre per altre tre, arrestate in flagranza durante un colpo ad Alba, l’ordinanza viene consegnata in carcere. Molti di loro sono habituè del crimine. Abituati a pianificare i colpi ai tavolini del bar Girasole in zona Bovisasca e poi decidere dove piazzare la merce. Il canale preferito, è quello delle televendite. “Dice che si può fare, la persona fa le cose per la tv”. Risponde Mannarino: “Allora è una sicurezza”. Lui, il ricettatore rimasto anonimo, ha qualche dubbio. Dice: “Io non vengo più, perché io rischio la galera, mentre voi prendete i soldi”.
Sono quasi tutti di via Pascarella e di via Lopez. Come Egidio Di Lonardo che nel 2006 viene pizzicato assieme a un gruppo di Quarto Oggiaro. Motivo: rapine in banca. O come Maurizio Mandurino, classe ’75, che nel ’99 finisce in carcere per rapina. All’epoca fa parte della “banda del taglierino”. Anche lui vive in via Pascarella al 35. E poi c’è Skippy, quello dal curriculum più robusto, finito in carcere l’ultima volta nel 2009 dopo un blitz della squadra Mobile di Milano, allora guidata da Francesco Messina. Nell’indagine c’è tanta droga al dettaglio e due “batterie”, una legata al clan Di Giovine e l’altra a Mannarino che raccoglie il testimone lasciato un anno prima da Mario Carvelli, detto il Poma, fratello di Frasca. Sullo sfondo sempre le case popolari, le strade strette e i bar di Quarto. Gli stessi di sempre per Skippy. Gli stessi del ’96, quando Mannarino, poco più che trentenne finisce dritto dritto nell’indagine Storia infinita. L’accusa: associazione a delinquere. Il contesto: quello della mafia spa a Milano, quando i clan, calabresi soprattutto, si spartiscono il territorio a suon di omicidi. E’ l’epoca d’oro dei fratelli Carvelli, di Antonio Giordano detto don Nicola e di Enzo Scandale, u Magliuni, luogotenente di Vittorio Foschini, manager della coca (poi buttatosi pentito) in nome e per conto del supercapo Franco Coco Trovato. Skippy vede e impara. E come lui molte altre facce d’angelo che tra Pascarella, Lopez e Capuana studiano da boss. Perché a ben guardare altro non c’è. Una storia infinita appunto, perché il carcere è solo parte del gioco.