La denuncia di Caritas e Save the Children: nelle 12 città più popolose d'Italia, i 50 milioni di euro di contributi stanziati nel 2012 fermi al palo per complicazioni logistiche
La graduatoria non è stata ancora pubblicata in otto città. Roma non ha inviato gli elenchi dei richiedenti all’Inps, a Palermo e Torino i dati sono ancora incerti e a Milano sono state accettate appena 666 domande su 1738. Nessuno ha ancora ricevuto un centesimo. La sperimentazione della nuova social card per supportare i nuclei familiari con minori in situazione di povertà, prevista nei 12 comuni più popolosi d’Italia, stenta a entrare nella fase operativa e chi si trova in difficoltà economiche non può ancora contare sull’erogazione della carta acquisti con un importo tra i 200 e 404 euro al mese. E intanto nell’ultimo anno i bambini italiani che vivono sotto la soglia di povertà assoluta sono aumentati del 30 per cento superando quota un milione. In pratica un minore su dieci.
A denunciare la lentezza con la quale lo stanziamento da 50 milioni di euro, varato nel febbraio 2012, si sta mettendo in moto sono la Caritas e Save the Children, che puntano il dito contro i criteri troppo stringenti per l’assegnazione del buono acquisti, la lentezza della burocrazia, la farraginosa macchina informatica dell’Inps e le difficoltà dei Comuni, costretti a utilizzare risorse umane e logistiche interne per ‘mappare’ la situazione e gestire il processo che avrebbe dovuto portare all’erogazione del contributo statale. “Un’idea giusta è stata vanificata dalle criticità incontrate nella sua applicazione. Le misure di contrasto alla povertà hanno una loro validità se le reti territoriali sono capaci di applicarle. Il Paese è in una situazione drammatica, la parola d’ordine dev’essere tempestività. Quella varata nel 2012 era una sperimentazione legata ai grandi comuni. Il prossimo step è la diffusione di questo modello anche ai centri più piccoli. Se non si è stati capaci d’intervenire in tempi rapidi a Milano, Roma, Bari o Catania, cosa accadrà nei comuni con 20mila abitanti? Se i presupposti e i criteri di selezione sono questi, non ci siamo”, spiega Francesco Marsico, responsabile area nazionale della Caritas.
La nuova social card infatti è rivolta alle famiglie che versano in condizioni di ‘nuova povertà’, una situazione che il Governo ha così definito: perdita del lavoro negli ultimi 36 mesi o aver avuto un reddito inferiore ai 4mila euro nei sei mesi precedenti la richiesta. Avrebbero potuto risultare idonei anche i nuclei familiari con una Isee fino a 3mila euro l’anno, con un patrimonio mobiliare sotto gli 8mila euro, con un’abitazione di valore Ici inferiore ai 30mila euro e che non avessero acquistato un veicolo negli ultimi 24 mesi. Di fatto – denunciano Caritas e Save the Children – i paletti riguardanti l’abitazione e i veicoli tolgono speranze a chi nel recente periodo si è trovato in una situazione di povertà e contemporaneamente il criterio selettivo della perdita in tempi recenti del lavoro stronca le speranze di chi si trova in una condizione di bisogno estremo da tempo.
A Bari, a fronte di 1500 richieste attese, ne sono arrivate 1114 e appena 321 sono risultati gli idonei. A Firenze, città amministrata dal neo premier Matteo Renzi, hanno fatto richiesta in 516 (ne erano previsti un migliaio) ma non ci sono ancora i dati definitivi dei beneficiari. E proprio a Renzi si rivolgono Caritas e Save the Children: “Chiediamo al governo e a tutte le istituzioni coinvolte di far arrivare a destinazione, senza ulteriori ritardi, i fondi stanziati da più di due anni”, afferma Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children. Anche perché gli ultimi dati sullo scivolamento dei minori verso l’indigenza sono sempre più preoccupanti: “Nel solo 2013 sono stati 300mila i minori finiti sotto la soglia della povertà assoluta. Una definizione che tradotta in termini reali significa non avere accesso a un paniere di beni e servizi considerati essenziali per una vita dignitosa – attacca Milano – Parliamo di situazioni estreme, dove ogni ritardo che si registra negli interventi di sostegno è un peccato capitale perché incide sulla vita quotidiana di bambini e adolescenti. La social card era un aiuto minimo rispetto a quello che c’è da fare, ma se applicato in termini rapidi avrebbe comunque potuto dare sollievo alle famiglie”.