“A che ora ci vediamo domani?”. Questo chiedeva Mauro Floriani – marito della senatrice Alessandra Mussolini indagato nell’inchiesta sulle baby prostitute di Roma – al telefono ad una delle due ragazzine che si prostituivano nell’appartamento dei Parioli. La frase, intercettata, è allegata ad una delle ordinanze di custodia cautelare per Mirko Ieni, ora ai domiciliari per sfruttamento della prostituzione, cessione di stupefacenti e interferenza illecita nella vita privata per la questione dei rapporti sessuali filmati.
La frase è estrapolata da una conversazione telefonica con una delle due ragazzine e, per gli investigatori, costituisce una delle prove che Floriani fosse un cliente abituale di almeno una delle due minorenni. In alcune conversazioni intercettate in più occasioni l’ex finanziere prende appuntamento con la ragazzina, si accorda sugli orari e luoghi dell’incontro. In altre conversazioni intercettate parlerebbe anche con gli sfruttatori delle ragazzine. Secondo la Procura sono “incontrovertibili” gli elementi a carico di Floriani, attualmente dirigente di Trenitalia. Per lui, come per gli altri venti clienti indagati, è scattata l’accusa di prostituzione minorile. Intercettazioni telefoniche, ricognizioni fotografiche e tabulati sono agli atti dell’indagine.
L’inchiesta, scoppiata nell’autunno scorso con l’arresto di sei persone tra cui anche la madre di una delle baby squillo, è sulle battute finali. In tutto sono 40 i clienti identificati. Di questi venti sono indagati e dieci hanno chiesto di patteggiare la pena e rischiano da sei mesi ad un anno di reclusione. Lo stesso Floriani, sapendo che il suo numero poteva essere finito nelle intercettazioni, nelle scorse settimane si è spontaneamente recato dai carabinieri affermando di non aver mai avuto rapporti con le adolescenti ma i magistrati di piazzale Clodio hanno proceduto lo stesso alla sua iscrizione nel registro degli indagati.
Alla luce del gran clamore provocato dall’indagine molti dei clienti coinvolti si sono recati spontaneamente dagli inquirenti per tentare di chiarire la loro posizione. “Non sapevamo che fossero minorenni“, la spiegazione fornita al procuratore aggiunto Maria Monteleone e al sostituto Cristiana Macchiusi.