"Non uccidetemi, ho un figlio piccolo": è quanto si sente in un filmato di uno dei testimoni di quanto accaduto tra il 2 e il 3 marzo a Firenze, quando le forze dell'ordine sono intervenute per placare la furia di Riccardo Magherini, ex calciatore, deceduto per cause ancora da chiarire
E’ una storia dai contorni ancora poco chiari quella della morte di Riccardo Magherini, 40 anni, sposato, un figlio piccolo di due anni. Nella notte tra domenica 2 e lunedì 3 marzo a Borgo San Frediano, centralissimo quartiere di Firenze, Magherini dà in escandescenze, lo fermano dei carabinieri che lo immobilizzano e poi lo ammanettano tenendolo a faccia in giù sull’asfalto, a torso nudo, per diversi minuti. Quando arrivano i primi soccorsi con un’ambulanza, manca il medico a bordo; quando questo arriva, Magherini è trasportato in ospedale, dove è constatato il decesso. L’autopsia non ha rivelato segni di percosse, ma non ha nemmeno potuto stabilire le cause della morte.
Mentre si attendono i risultati degli esami istologici e tossicologici, il pm Luigi Bocciolini ha aperto un fascicolo per spaccio e morte in conseguenza di altro reato. Ma gli amici non ci stanno, e la famiglia dopo il funerale di giovedì scorso ha bloccato la cremazione. Diversi testimoni hanno infatti raccontato di calci e percosse da parte dei militari. E in un video girato con un telefonino si ascolta Magherini che urla “Non ammazzatemi, ho un bambino piccolo”. L’avvocato della famiglia Luca Bisori a ilfattoquotidiano.it spiega: “Ci tengo a precisare che la famiglia non intende svolgere contro-inchieste o inchieste parallele rispetto al lavoro degli inquirenti nei quali riponiamo la massima fiducia. Vogliamo essere di supporto agli inquirenti, ma è una vicenda che certamente necessita di chiarimenti, bisogna capire di cosa questo ragazzo è morto se vi sono cause riferibili all’intervento dei carabinieri, se vi sono responsabilità di qualche tipo anche in chi ha operato i primi soccorsi”.
Riccardo Magherini, ex calciatore cresciuto nel vivaio della Fiorentina e figlio di Guido Magherini, a sua volta ex giocatore di Palermo e Milan, si era appena separato dalla moglie e, dopo essere tornato a vivere con la madre aveva affittato una stanza in una pensione a San Frediano. Aveva sicuramente un passato, e forse anche un presente, di consumo di sostanze stupefacenti. Ricostruire quello che è accaduto quella notte però non è semplice. Domenica sera è a cena in un ristorante con dei commensali, pare tranquillo. Poi è per strada, vaga per il quartiere, urla, grida che gli anno rubato il portafoglio e il telefonino. Entra in una pizzeria lì vicino in cui era di casa, Il Borgo, ed è visibilmente agitato: urla nuovamente, prende il telefono a un cameriere, sfonda la porta a vetri di ingresso, esce e sale sulla macchina di una donna.
La donna, che lo descrive visibilmente alterato ma non pericoloso, lo fa scendere. Lui continua a vagare per strada, cerca di entrare in un’altra pizzeria. Nel frattempo arrivano i primi due carabinieri che cercano di fermarlo e sono aggrediti, ne sopraggiungono altri due, in quattro lo immobilizzano a terra e lo ammanettano. Magherini resta a torso nudo, pancia a terra, immobilizzato per lunghi minuti. Poi verso l’una di notte sono gli stessi carabinieri a chiamare il 118, che una volta sul posto chiama un medico. Trasportato nel reparto di rianimazione dell’ospedale Santa Maria Nuova, alle 2.45 è constatato il decesso. Sono molti i testimoni, per strada o affacciati alle finestre, e quasi tutti conoscono Riccardo. Una studentessa, che ha già reso la sua testimonianza in Procura, afferma di avere visto i carabinieri che lo prendevano a calci. Altri raccontano che Magherini abbia smesso di dimenarsi e urlare quando ancora era schiacciato a terra dai carabinieri, che un improvviso silenzio avesse fatto loro temere il peggio fin da subito.
“Questi fatti sono avvenuti per strada, con molte persone che hanno visto in tutto o in parte, hanno udito qualche cosa. Per questo mi sto adoperando per raccogliere il maggior numero di elementi possibili – dice l’avvocato Bisori a ilfattoquotidiano.it – Certamente c’è qualcosa da chiarire nella vicenda, non mi acquieto e credo che nessuno si possa acquietare sulla risultanza che pure era emersa nei primi giorni. Va detto che non è morto perché lo hanno massacrato di botte, sicuramente non c’è stato un pestaggio o cose di tale livello di drammaticità, però alcune condotte debbono essere attentamente vagliate. Alcune condotte che mi sono state raccontate e che potrebbero avere un significato ai fini dell’accertamento delle responsabilità”.
Tra questi elementi che l’avvocato consegnerà entro la prossima settimana in procura, c’è anche un video girato con un telefonino da un testimone. “Ho una registrazione video praticamente nera, non si vede quasi nulla, forse uno sprazzo di luce, che però è abbastanza nitida come registrazione audio in cui si sente il Magherini con toni molto alterati. Anche qui il fatto in sé della registrazione è significativa ma non determinante perché è da inserire in un contesto di parecchi minuti. Bisogna capire queste urla a quale porzione della vicenda si riferiscono”. Quello che gridava Magherini, conferma l’avvocato, è “Non ammazzatemi, ho un bambino”. Diversi testimoni continuano a essere sentiti sia dalla procura che dal legale della famiglia. La vicenda si fa sempre più intricata. Gli amici di Riccardo la sera lo ricordano con improvvisati raduni e assemblee nel luogo in cui è stato fermato, e chiedono verità e giustizia. “La cosa da tenere in mente è che ora intenzione della famiglia muoversi con la massima prudenza – conclude l’avvocato – Perché questi sono fatti delicati che coinvolgono la responsabilità di soggetti che svolgono comunque un lavoro di stato come sono i carabinieri. Quindi qui bisogna essere cauti e prudenti, bisogna muoversi con attenzione, non in modo scomposto”.