A 11 mesi dagli ergastoli inflitti per il delitto di Avetrana arrivano le motivazioni, 1631 pagine, con cui i giudici della corte d'Assise di Taranto ricostruiscono il caso e argomentano il verdetto. Per i magistrati "non sussiste alcun ragionevole motivo per il quale Michele Misseri avrebbe dovuto accusare ingiustamente, provocandone la sua carcerazione, proprio la figlia prediletta Sabrina e non altri soggetti"
“Sarah venne strangolata in casa Misseri da Sabrina e Cosima con una cintura”. A 11 mesi dagli ergastoli inflitti per l’omicidio di Sarah Scazzi arrivano le motivazioni, 1631 pagine, con cui i giudici della corte d’Assise di Taranto ricostruiscono il caso e argomentano il verdetto.
Per i giudici inoltre Sabrina mentì, riferì un “falso alibi” in relazione ai frangenti in cui la ragazzina fu uccisa, come confermato dagli sms non veritieri che la stessa imputata inviò dal telefonino della cuginetta. Dal soliloquio intercettato in auto del 5 ottobre 2010 si evince che “Michele Misseri non è più in grado di reggere il peso di ciò che egli sa essere accaduto”, cioè che la figlia è l’autrice di quello che stato chiamato il delitto di Avetrana. Per i magistrati “non sussiste alcun ragionevole motivo per il quale Michele Misseri avrebbe dovuto accusare ingiustamente, provocandone la sua carcerazione, proprio la figlia prediletta Sabrina e non altri soggetti”.
Per il delitto di Sarah Scazzi anche Cosima Serrano, madre di Sabrina e moglie di Michele, è stata condannata al fine pena mai il 20 aprile 2013. Madre e figlia sono detenute nella stessa cella del carcere di Taranto: Sabrina è reclusa dal 15 ottobre 2010, cioè da quando il padre Michele Misseri l’accusò per poi ritrattare dopo alcuni giorni; la Serrano è detenuta dal maggio 2011. Le due donne sono state condannate anche per soppressione di cadavere, reato per il quale a Michele Misseri sono stati inflitti otto anni di reclusione.
Il mancato mancato deposito delle motivazioni della sentenza avevano indotto i legali di Sabrina a chiedere la scarcerazione della giovane. La richiesta era stata però rigettata prima dalla Corte d’assise, poi dal Tribunale del Riesame che hanno ravvisato a carico dell’indagata il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.