I Supremi giudici, in una sentenza a carico del redattore e direttore de La Voce di Romagna, ricordano che non deve essere applicata la detenzione, se non in presenza di "circostanze eccezionali"
La Cassazione ha detto no al carcere per due giornalisti. Con questo verdetto – sentenza della V Sezione penale – la Suprema Corte ha annullato con rinvio alla Corte di Appello di Brescia, solo per il trattamento sanzionatorio, la condanna al carcere (la cui entità non è specificata) nei confronti del direttore e di un giornalista de La Voce Di Romagna. I giornalisti – precisano i supremi giudici – se commettono diffamazione, non devono essere condannati al carcere, se non in presenza di “circostanze eccezionali”, altrimenti non viene loro assicurato il ruolo di “cane da guardia”. Queste le motivazioni della Cassazione in linea con l’orientamento espresso dalla Corte dei Diritti Umani.
I supremi giudici sottolineano che la categoria dei giornalisti è “attualmente oggetto di gravi e ingiustificati attacchi da parte anche di movimenti politici proprio al fine di limitare la loro insostituibile funzione informativa”.
La Cassazione, inoltre, ricorda che “anche il legislatore ordinario italiano è orientato al ridimensionamento del profilo punitivo del reato di diffamazione a mezzo stampa“. Nell’ottobre scorso, infatti, la Camera ha approvato il testo che prevede multe fino a 60mila euro, ma esclude il carcere.