La bellezza della musica è data dal grande respiro che la band riesce a donare ai brani – e in questo ultimo lavoro ci sono riusciti molto di più rispetto ai precedenti – all'attenzione quasi parsimoniosa di far corrispondere il giusto crescendo sonoro alle parole, alle immagini create attraverso di esse. È un incanto silenzioso, che sembra viaggiare sottopelle e che forse necessita di tempo per poter essere apprezzato appieno
Dall’uscita di The Seldom Seen Kid (2008), ogni tre anni con l’avvicinarsi della primavera gli Elbow pubblicano un nuovo lavoro. The Take Off and Landing of Everything è la loro ultima fatica appena uscita per per l’etichetta “Fiction Records” (Universal) e registrato in buona parte ai Real World Studios di Peter Gabriel.
La band – originaria della piccola cittadina di Bury, a nord della più vivace Manchester – inizialmente si fa chiamare R.P.M. (iniziali dei nomi Richard Pete e Mark, unici membri del gruppo), ma con l’arrivo di Guy Gurvey (nella foto) e Craig Potter la scelta ricadrà su Mr Soft, nome che ancora oggi fotografa alla perfezione il loro sound, al quale si è però preferito un più “anonimo” Elbow.
Il fascino della musica degli Elbow è dato anche dalla dall’impossibilità pressoché costante di trovare un collegamento con altri gruppi, riuscendo a sfuggire alla comoda gabbia di un genere di appartenenza. Se si analizza la storia di Guy Gurvey e più in generale della band, si possono trovare passaggi che senza ombra di dubbio hanno influito nella struttura compositiva del gruppo. Gurvey – che ad oggi continua la sua trasmissione radiofonica per il sesto canale radio della BBC – è cresciuto in una famiglia numerosa, con ben cinque sorelle ognuna delle quali dedita all’ascolto di un determinato genere musicale (si andava dal folk al progressive, fino al reggae e il soul della Motown), ma tutti si trovavano d’accordo sulla lacerante bellezza delle composizioni di Joni Mitchell. Una volta approdato nella band, Guy e gli altri passano le notti ad ascoltare Kind Of Blue di Davies, Beatles, Smiths, U2, Joy Division, Zappa, Black Sabbath e un’infinità di altri artisti.
L’eterogeneità di ascolti non ha trasformato gli Elbow in un gruppo con lo sguardo rivolto al passato, ma è diventato il terreno fertile sul quale si è tentato di costruire qualcosa di nuovo. Il successo arriva solo nel 2008 con The Seldom Seen Kid, vincitore del Mercury Prize e dal quale verrà estratto One Day Like This, brano che li farà conoscere al grande pubblico.
Nonostante le linee compositive di base siano rimaste invariate, quest’ultimo The Take Off and Landing of Everything si appresta a diventare il lavoro più bello e maturo della band. Come detto, i concetti fondanti sono gli stessi di sempre: brani dalla lunghezza tendenzialmente importante, testi di Gurvey sempre ricchi di forte introspezione e accenno a temi politici.
Gli argomenti toccati da Gurvey sono molteplici, anche se come spesso accade il fulcro centrale rimane quello dell’amore: quello che si sta vivendo, ma soprattutto quello che ormai fa parte dei ricordi (la parte dell’uomo dal cuore spezzato è sempre stata molto cara a Guy) e la tavolozza di colori usata appare molto più vasta rispetto ad album precedenti. My Sad Captains è di una bellezza assoluta, straboccante di dolcissima melanconia; uno squarcio di luce attraverso un cielo grigio e pesante che determinerà l’istante nel quale riemergeranno tutti i ricordi legati ad affetti e persone che – per un beffardo gioco della vita – non fanno più parte delle nostre esistenze.
The Take Off and Landing of Everything ruota per buona parte intorno al tema della maturità e delle paure che questa tende a portare con sé: tutti i membri della band sono ormai prossimi ai quarant’anni, ed ovviamente il punto di vista sull’esistenza inizia a cambiare radicalmente; si può tentare di scappare via dall’angoscia per un po’ (Honey Sun), oppure prendere consapevolezza che l’amore non basta a tenere unite due persone (This Blue World). Non mancano i momenti dove indirettamente si insinuano elementi politici, dalla raggiante New York Morning, al brano che chiude l’album, The Blanket Of Night, dove si racconta la storia di una coppia che armata di una barca infinitamente piccola rispetto alla loro tenacia, tenta di entrare illegalmente in un altro paese, con la speranza di trovare la tanto sognata libertà.
La bellezza della musica degli Elbow è data dal grande respiro che la band riesce a donare ai brani – e in questo ultimo lavoro ci sono riusciti molto di più rispetto ai precedenti – all’attenzione quasi parsimoniosa di far corrispondere il giusto crescendo sonoro alle parole, alle immagini create attraverso di esse. È un incanto silenzioso, che sembra viaggiare sottopelle e che forse necessita di tempo per poter essere apprezzato appieno.