Nessuno si augura che Matteo Renzi fallisca e nessuno pensava che “cambiare verso” all’Italia sarebbe stato facile. Il consenso di cui gode il premier, lo ha ammesso lui stesso, deriva dal fatto che non ci sono alternative. Proprio per questo, per le attese che Renzi ha creato, si rischia sempre di rimanere delusi. Il suo “mercoledì da leoni” è stato molto renziano: energia, comunicazione perfetta per la tv, una mitragliata di numeri, impegni e scadenze. Ma il provvedimento decisivo, quello che taglia le tasse ai lavoratori e alle imprese, non c’è. Nessun decreto o disegno di legge. Solo una promessa di fare presto e fare tutto, di trovare 10 miliardi di euro per incentivare consumi e assunzioni. Ancora una volta Renzi ha rilanciato, ha spostato di un paio di mesi il momento in cui valutarlo, che adesso coincide pericolosamente con le elezioni europee. A fine maggio o i lavoratori a basso reddito avranno in busta paga 80 euro in più e il Pd almeno il 30 per cento nelle urne, oppure il governo Renzi si troverà in guai seri.
Il premier si indigna perché i giornali sollevano il problema delle coperture, cioè delle risorse che vanno prima trovate e poi spese, e non viceversa. Ma l’insofferenza non basta a superare le obiezioni dei tecnici del ministero del Tesoro o di Bruxelles, che sono invece ben chiare al ministro dell’Economia Padoan. Troppo facile tagliare le tasse facendo salire il deficit e spendendo i risparmi dovuti al calo dello spread. Così sono buoni tutti, non è questa la svolta. Certo, qualunque cosa è meglio dell’immobilismo che il governo Letta aveva eletto a filosofia di vita.
Ma la crescita scatta quando cambiano le aspettative, quando i consumatori si azzardano a consumare e le imprese ad assumere e investire. Gli slanci di Renzi sono efficaci a scuotere il Paese dal torpore. Ma senza misure credibili nel medio periodo, per ora soltanto annunciate, il governo e l’Italia rischiano di diventare come quei criceti in gabbia che si agitano e corrono nella loro ruota fino allo sfinimento. Senza avanzare di un centimetro.
Da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2014