Liberalizzazioni e privatizzazioni sono spesso indicate come elementi importanti delle strategie per uscire dalla recessione. Ma le scelte dei governi per le une o per le altre non sono determinate da considerazioni puramente tecniche. Conta molto anche la loro ideologia politica.
di Filippo Belloc e Antonio Nicita (Fonte: Lavoce.info)
Il gusto mix di liberalizzazioni e privatizzazioni
Liberalizzazioni e privatizzazioni sono spesso indicate come ingredienti importanti nelle strategie di rilancio pro-concorrenziale delle industrie a rete, specie come spinte propulsive all’uscita dalle fasi di recessione.
Tuttavia, una ricca letteratura empirica evidenzia come azioni frettolose e male organizzate (come ci insegna il caso Alitalia) possono rivelarsi inutili o dannose sotto diversi punti di vista, rispetto a strategie di gradualismo nelle quali il timing e la complementarietà delle due politiche diventano elementi centrali delle scelte.
Le determinanti della combinazione di liberalizzazioni e privatizzazioni possono essere molteplici. Tra queste, quella finora meno esplorata riguarda il colore politico – la partisanship – dei governi che le attuano.
Se le azioni di liberalizzazione e privatizzazione, e in particolare il loro timing, il sequencinge la relativa complementarietà, rispondessero esclusivamente a considerazioni di natura tecnica, il colore politico del governo non dovrebbe avere alcuna rilevanza. Specie in paesi che rispondono al medesimo quadro istituzionale (Unione Europea) o con strutture convergenti nella dinamica economica e nella regolazione dei mercati (paesi Ocse).
L’analisi dell’evoluzione storica sembra tuttavia suggerire che non è così. I dati rivelano, piuttosto, una (in)attesa “specializzazione” che i governi di diverso orientamento politico dimostrano rispetto ai due tipi di politiche e alla loro combinazione.
Affiancando, infatti, i dati Ocse sull’intensità delle riforme di liberalizzazione e privatizzazione con quelli sull’orientamento politico dei governi in carica negli ultimi trenta anni emerge una sorprendente correlazione: i governi di destra o centro-destra tendono a favorire le privatizzazioni, mentre quelli di sinistra o centro-sinistra sembrano favorire le liberalizzazioni, soprattutto dopo il 2000.
La figura 1 e la figura 2 mostrano l’intensità delle politiche misurata attraverso gli scatti, a intervalli biennali, nel valore dell’indice di liberalizzazione e privatizzazione per le industrie a rete, in media in trenta paesi Ocse.
Figura 1 – Intensità delle riforme di privatizzazione e colore dei governi
Fonte: nostra elaborazione su dati Ocse
(settori: ferrovie, poste, trasporto aereo, energia, telecomunicazioni, gas)
Figura 2 – Intensità delle riforme di liberalizzazione e colore dei governi
Fonte: nostra elaborazione su dati Ocse
(settori: ferrovie, poste, trasporto aereo, energia, telecomunicazioni, gas)
Quello che potrebbe sembrare il risultato di una correlazione spuria (gli esecutivi di destra potrebbero trovarsi in carica più frequentemente nei periodi in cui fare cassa è una priorità), si dimostra essere in realtà l’esito di una “specializzazione” dei governi fortemente determinata dal loro colore politico, anche alla luce di opportuni test econometrici. (1)
I dati disponibili che consentono una valida comparazione internazionale si fermano al 2007, ma la recente storia italiana (compresa la sostanziale incertezza del Governo bipartisan presieduto da Enrico Letta, la cui esperienza è appena terminata) non smentisce il trend. Sarà interessante vedere su quale fronte (se sarà su uno in particolare, più che su entrambi) si concentrerà l’azione del nuovo esecutivo.
(1) Belloc, F., Nicita, A. e Sepe, S. “Disentangling Liberalization and Privatization Policies: Is There a Political Trade-off?” Journal of Comparative Economics, forthcoming.
Bio degli autori
Filippo Belloc – E’ Ricercatore in Scienza delle Finanze, presso il Dipartimento di Economia, Facoltà di Economia, dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara.
Antonio Nicita -E’ Professore Associato di Politica Economica presso l’Università di Siena. Dal 1997 al 2000 ha lavorato presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Si occupa di teoria dell’impresa e delle istituzioni economiche, di analisi di “law and economics”, di politica ambientale e di politiche di regolazione e antitrust.