“Mille euro in più all’anno a chi ne guadagna meno di 1.500 al mese”. Accanto alla slide sul taglio dell’Irpef con tanto di carrello della spesa in bella mostra, Matteo Renzi ha subito precisato: “Parlo di contratto di lavoro dipendente o assimilato, come il co.co.co.”. E le partite Iva? Escluse, dimenticate. Tanto che dal loro variegato mondo si alza più di un malumore. “Sono delusa e arrabbiata”, commenta Anna Soru, presidente dell’Acta (Associazione consulenti terziario avanzato), che rappresenta i lavoratori autonomi di seconda generazione, ovvero freelance che non hanno un ordine professionale di riferimento, come traduttori, grafici, creativi, professionisti del web.
“Renzi si è concentrato sui lavoratori dipendenti come da richiesta dei sindacati – continua Soru -. Mentre gli autonomi rimangono esclusi dagli sgravi fiscali perché per loro c’è sempre una presunzione di evasione. Ma questo dimostra come il governo non comprenda che il nuovo lavoro autonomo è fatto da professionisti che, lavorando per imprese e pubblica amministrazione, devono fatturare tutto”. Una fetta del mondo dell’occupazione in crescita negli ultimi anni, con molti giovani e donne. Tutte persone che nel fare la spesa hanno le stesse difficoltà dei lavoratori subordinati o parasubordinati.
“Tra le sue riforme Renzi ha promesso il Jobs act, al plurale – fa notare Soru -. Pensavamo volesse parlare di tutti i tipi di lavoro”. E invece, per i freelance, non ci sarà alcun taglio sull’imposizione fiscale. Come con ogni probabilità non verrà introdotto nessun assegno universale di disoccupazione: “Si dice che è difficile stabilire se uno sia occupato oppure no – spiega Soru -. Ma basterebbe considerare che se un freelance chiude la partita Iva o è sotto una certa soglia di fatturato, di fatto è disoccupato”.
Di delusione per i provvedimenti annunciati dal premier parla anche Paola Ricciardi, esponente di Iva sei partita, un’associazione di architetti e ingegneri nata nel 2011 per combattere il fenomeno delle finte partite Iva. “Intervenire sulle buste paga dei lavoratori è una cosa positiva – sostiene Ricciardi – ma escludere i lavoratori autonomi non è lungimirante”. Una mancanza di attenzione che colpisce proprio “perché arriva da una figura come Renzi, che si pone in un’ottica di rinnovamento e si propone come il giovane con una visione contemporanea. Ma finisce per dimenticarsi di quella che oggi è una parte importante della realtà lavorativa”.
Ricciardi ragiona su due piani. Da un lato molte partite Iva subiscono il problema di essere “finte”, ovvero di lavorare a tutti gli effetti come dipendenti, senza che le relative tutele vengano garantite: “In questo caso il rimedio è incentivare le imprese ad assumere, in modo che il rapporto subordinato venga riconosciuto come tale”. Dall’altro lato sono necessarie politiche di supporto ai redditi bassi, che prendano però in considerazione una cosa: “Un reddito basso – spiega – per un lavoratore autonomo è basso allo stesso modo che per un lavoratore dipendente. Se poi a noi non vengono concesse agevolazioni perché si presuppone che evadiamo le tasse, che cosa ci stanno dicendo? Che per sopravvivere dobbiamo evadere? La soluzione è combattere l’evasione, non escluderci dagli sgravi”.
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