Cronaca

Floriani prova a salvarsi con emendamento voluto da Alessandra Mussolini

L'uomo, indagato per prostituzione minorile, potrebbe uscire indenne dal processo grazie a un emendamento che proprio Alessandra Mussolini riuscì a introdurre nella legge che portava sì la condanna a quattro anni di carcere in caso di rapporti sessuali con minori, ma soltanto nel caso che l’adulto fosse a conoscenza della reale età della vittima, consenziente o no che fosse. Lui ha dichiarato che credeva che la ragazzina avesse 19 anni

Nella villetta a due piani sulla Nomentana, a due passi da Villa Torlonia, Alessandra entra quando il marito esce. Lei, riparata a casa della madre Maria Scicolone, arriva a bordo di una Citroen nera con il pass del Senato mentre Mauro Floriani infila il casco e si allontana a bordo di uno scooter.

Trai due neppure una parola. Lo psicodramma in casa Mussolini si consuma in silenzio, per non turbare ulteriormente i tre figli. Caterina, la più grande, ha 18 anni ed esce soltanto per portare fuori il cane. Nessuno sa dire se il bel finanziere che la senatrice di Forza Italia ha sposato 25 anni fa nella familiare cornice di Predappio sia stato davvero “cacciato di casa” come si è scritto in questi giorni. Superato lo choc, la storia potrebbe concludersi con un lieto fine, almeno sul fronte giudiziario, e Floriani, oggi indagato per un reato infamante come sfruttamento della prostituzione minorile, potrebbe essere assolto grazie a un emendamento che proprio la moglie riuscì a introdurre nella legge che portava sì la condanna a quattro anni di carcere in caso di rapporti sessuali con minori, ma soltanto nel caso che l’adulto fosse a conoscenza della reale età della vittima, consenziente o no che fosse.

Alessandra Mussolini non poteva certo immaginare che a usufruire dello sconto sarebbe stato il marito, molti ricordano il fervore con cui si era battuta per l’inasprimento delle pene per i “pedofili” come definiva i clienti delle giovanissime prostitute. “Non immaginavo che avesse solo 15 anni, a me ha detto che ne aveva 19 e questo era scritto anche su Bacheca-incontri. Ho letto l’annuncio, ho telefonato, sono stato con lei soltanto due volte” ha detto Floriani presentandosi spontaneamente in procura. Un’autodifesa, cui hanno fatto ricorso anche altri dei 22 indagati nell’ambito dello scandalo sulle baby squillo dei Parioli, ma che al momento non sembra aver sortito alcun effetto sul procuratore aggiunto Maria Monteleone e sulla pm Cristina Macchiusi che procedono come schiacciasassi in quest’inchiesta che ha messo in subbuglio la Roma bene.

E poi Floriani non ha detto la verità, almeno tutta la verità: gli incontri a partire dal luglio 2013 sono stati almeno cinque, e i contatti, soprattutto a ottobre, molti di più. La caccia al nome eccellente è senza sosta, si sa che nella rete delle minorenni è caduto anche il figlio di un deputato del centro destra, e la rosa si restringe ormai a una decina di nomi considerato che si tratta di un noto avvocato.

Uno dei vip è il vicecapo del dipartimento informatico di Bankitalia, Andrea Cividini, cui si aggiungono vari funzionari della Fao e almeno un manager della società di revisione Ernst & Young, ci sono anche avvocati, imprenditori e perfino un giornalista disoccupato. Per molti è stata inutile la cautela di usare il telefono dell’ufficio per prendere appuntamenti, i carabinieri del nucleo operativo della capitale coordinati dal colonnello Lorenzo Sabatino hanno incrociato i tabulati telefonici delle due ragazzine, Azzurra e Serena come si facevano chiamare, intercettato e conversazioni, effettuato pedinamenti.

“Dimostravano ben più di 15 anni”, si sono difesi tutti. A smentirli le intercettazioni e il fatto che alcuni clienti quando le hanno viste, se ne sono andati: “Siete troppo piccole”. Più delle altre conta una frase di Serena: “Il business era proprio la nostra età”. Lo diceva anche Mirko Ieni, lo sfruttatore che procurava i clienti, stabiliva le tariffe e pretendeva metà del compenso, in media 200 euro a incontro.

PRECISAZIONE
Con riferimento all’articolo, dal titolo “Floriani chiede lo ‘sconto’ Mussolini”, pubblicato il 15 marzo 2014, si precisa che il nome dell’Ing. Andrea Cividini, all’epoca Vice Capo del Dipartimento Informatica della Banca d’Italia, non sarebbe dovuto essere pubblicato ab origine. L’ingegnere, infatti, sin dall’inizio, era completamente estraneo alle indagini relative alle cosiddette baby squillo dei Parioli, non essendo mai stato inserito nella lista dei loro clienti e non essendo stato mai iscritto nel registro degli indagati. Antonio Padellaro, al tempo direttore de Il Fatto Quotidiano e Mariarita di Giovacchino, autrice dell’articolo, si scusano per l’ingiusto coinvolgimento mediatico dell’Ing. Cividini nella vicenda”.