Cultura

Circo Massimo tra Rolling Stones e scudetti: lo spazio neutro in cerca di identità

L’idea che per rivitalizzare luoghi storici e monumenti sia necessario utilizzarli anche per eventi speciali si sta facendo sempre più spazio. La circostanza che in molti casi quelle operazioni fruttino introiti inimmaginabili, conteggiando gli ingressi a pagamento del resto dell’anno, tutt’altro che trascurabile, per molti.

Lo scorso giugno Ponte Vecchio è stato chiuso al pubblico per una cena di gala. Il costo di una sola serata è stato di 120 mila euro. A luglio il tempo di Segesta è stato affittato per 5mila euro per una cena. Alla fine dello scorso settembre l’anfiteatro di Pompei ha fatto da cornice ad una cena organizzata in occasione del congresso del gruppo agenti di Fondiaria-Sai. A questi vanno poi aggiunti quegli spazi che per un’abitudine consolidata sono affittati per cene, manifestazioni, visite guidate riservate a grandi società, a semplici privati.

Le tariffe sono note. Per una sera il Loggiato di Brera, con apertura della Galleria d’arte, viene a costare dai 3 ai 5mila euro, più le spese del personale. A Roma, Palazzo Barberini, dove ha sede la Galleria Nazionale d’arte antica, costa dai 6 ai 20 mila euro. Per la Reggia di Capodimonte occorrono 20mila euro. A Parma, per una serata nella meravigliosa Biblioteca Palatina, servono 7 mila euro. Di casi simili ce ne sono diversi altri. Su e giù per l’Italia. Beni Culturali trasformati in location prestigiose di eventi mondani.

Roma non è da meno. L’invaso del circo Massimo è sempre lì. Pronto a tutto. Celebrazioni di vittorie calcistiche. Manifestazioni eno-gastronomiche e militari. Non ci sono costi aggiuntivi. E’ sufficiente l’autorizzazione di una Soprintendenza. Che non manca mai. Poco importa se s’incontra spesso l’opposizione di quella Archeologica. C’è sempre quella Regionale che concede senza molti problemi l’uso di quegli spazi.

Accade così anche per il concerto dei Rolling Stones. Nell’unica data italiana del tour europeo Mike Jagger & co. non hanno scelto un posto qualsiasi. Non uno stadio. Ma il circo Massimo. “Rock nella storia, perché uno dei gruppi più celebri della storia del rock suonerà nella cornice storica del Circo Massimo”, ha dichiarato entusiasta il sindaco Marino. Aggiungendo che “il sogno che aveva fin dal giorno della sua elezione finalmente si avvera”. Grande musica nel centro della città. Potendo contare della vista del Palatino su un lato e del verde dell’Aventino sull’altro. Questo avranno dovuto pensare gli organizzatori. Non mancando di notare come proprio nei pressi ci sia una fermata della metro.

D’altra parte perché mai quello spazio definito nel perimetro ma non nelle funzioni, non dovrebbe essere utilizzato per ascoltare canzoni che hanno fatto la storia della musica? Nel 2006 vi hanno sventolato le bandiere con il tricolore mentre gli azzurri del calcio celebravano la vittoria al mondiale tedesco. Nel 2000 la Lazio ci ha festeggiato lo scudetto. Come la Roma aveva fatto nel 1983 e poi nel 2001. Nel 2012 è toccato agli stands di Confagricoltura occupare tutta l’area.

La verità è che il Circo Massimo continua ad essere un luogo indistinto. Uno dei troppi vuoti urbani che impediscono a Roma di uscire da un equivoco mai chiarito. Uno spazio che è un po’ tante cose. Senza tuttavia esserne pienamente nessuna. Un’accozzaglia di funzioni a metà. Verde, certo. Ma anche svago. Naturalmente, Cultura. Tutte potenzialità esistenti. Ma ognuna ferma in questo status che da provvisorio si è fatto definitivo. Cristallizzata da decenni in questa situazione. Quando l’evento in programma non stravolge le attività dei frequentatori abitudinari e dei turisti di passaggio, nella spina centrale si passeggia. Spesso accompagnati dal proprio cane. Si fa jogging. Oppure si gioca a pallone. Sulle sponde erbose si prende il sole. Qualcuno amoreggia. Ci si legge un libro, ascoltando la musica. Per più di tre quarti della sua lunghezza il Circo Massimo è questo. Una vaga idea di spazio. Un muto contenitore di occasioni mancate. A dispetto della sua imponenza areale. Nonostante la sua centralità topografica. Niente e nessuno hanno provato davvero a farne un grande spazio culturale. Quel che nella sostanza è. Come sottolinea la sua storia. Come evidenziano i resti all’estremità affacciata sulla Fao. Resti imponenti che continuano ad essere evidenziati e restaurati. Che per ora si possono ammirare soltanto dall’esterno della recinzione che perimetra l’area archeologica. Strutture che presto diventeranno fruibili. Ma anche quando ciò si verificherà il problema iniziale resterà.

Il Circo continuerà a rimanere uno spazio vuoto. Perdipiù suddiviso nettamente al suo interno. Da un lato piazza di mercato e di celebrazioni. Dall’altro area archeologica. Parti differenti di un Tutto irrealizzato. Così ancora una volta la somma delle diverse funzioni non produrrà un luogo definito. Alla cui realizzazione non potrà peraltro contribuire il tematismo proposto dall’assessore Barca. Anche per questo motivo quel luogo continua ad essere un non-luogo. Mentre si progetta il più grande parco archeologico del mondo, si presenta il riutilizzo dell’ex Caserma di via Guido Reni, si pensa a cosa fare di alcuni dei tanti complessi in abbandono sparsi per la città, si riavviano i piani per le periferie, il Circo Massimo rimane così. Una sorta di spazio neutro pronto per ogni occasione.

Chi conosce anche superficialmente Roma sa bene come sia un non senso relegare ancora il Circo Massimo ad un limbo infinito. Lasciare che quell’area archeologica sia quasi soltanto un invaso verde nel centro di Roma. Chi ha maggiore dimestichezza con la storia della città conosce la straordinaria rilevanza di quella passeggiata archeologica. Progettare lo sviluppo di una città implica necessariamente riassemblarne le parti. Esplorare il “bello” e il “brutto”, conciliando le espressioni dell’uno con quelle dell’altro. Riattivando rapporti interrotti, irrobustendo quelli già esistenti. Roma ha necessità di riappropriarsi del Circo Massimo. E questo non può fare a meno della Città di cui è parte. Altrimenti in uno dei luoghi dell’archeologia romana sventoleranno altre bandiere. Si ascolteranno altri concerti. Quello spazio apparentemente di Tutti continuerà ad essere sostanzialmente di nessuno.