Sono lontani i tempi in cui Francesco Renga cantava Diego picchia di più, oggi il batterista si dedica a un genere che – afferma Galeri – “mi fa stare bene, mi diverte. Ho concentrato le mie energie in questo gruppo nato qualche anno fa, dall’esigenza di sperimentare cose nuove, soprattutto dal punto di vista sonoro”. Dopo anni di militanza in formazioni tradizionali, il batterista sentiva l’esigenza di rimescolare le carte: da sempre intrigato dall’idea di avere in squadra una doppia batteria, in questa nuova formazione la sezione ritmica è duplicata: “Trovare soluzioni con due batterie e due bassi è molto stimolante. Un quinto elemento invece si occupa di vari strumenti armonici, tra cui le chitarre e i synth. Diamo spazio alla musica in un mondo in cui, il cantante è sopravvalutato e la sua figura abusata”. Per adesso, quel che conta sono solo le emozioni che la musica può dare, ma non è escluso, però, che in futuro gli Adam Carpet possano dotarsi di un cantante valido a tal punto da far rivedere i loro progetti.
Il disco, omonimo, con il quale hanno debuttato, è composto da 12 brani strumentali, rock ruvido mischiato all’elettronica, ma il massimo lo danno nei loro live show: durante le loro esibizioni, la band è supportata da un duo dedito alla visual art Akme che lavora col mapping, una tecnica di proiezione che trasforma qualsiasi tipo di superficie geometrica in un display dinamico. Un’esperienza che unisce la realtà al virtuale, accompagnata dalla musica ipnotica ed evocativa dei musicisti. La sensazione è quella di trovarsi come all’interno di un videogioco interattivo fatto di luci e immagini. “Puntiamo tutto sulla musica e sulla qualità audio – afferma Diego Galeri – perché il pubblico va riportato a un buon livello, e la musica va rispettata. C’è troppa incompetenza da parte di chi lavora nel mondo della musica e noi siamo convinti che i musicisti debbano prendere una posizione forte al riguardo”. Molto curiosi, infine, i titoli dei brani: “Sono abbastanza inusuali, è vero. Non essendoci testi c’è stata massima libertà nell’elaborazione anche da quel punto di vista. Richiamano episodi, personaggi, o frasi accennate in determinate occasioni. Pensiamo che possano servire a dare un’immagine onirica alle musiche”. Un po’ come le fotografie, che ci mostrano quello che non abbiamo le parole per dire. Ma in fin dei conti, quel che conta è la musica. Vive Le ROcK!