‘”Russia e Ucraina senza Putin”. Lo hanno chiesto alcuni dei manifestanti pacifisti che sabato 15 marzo hanno invaso Mosca in vista del referendum in Crimea per la sua annessione all’ex madre patria. E’ la prima del genere dall’inizio della crisi ucraina. Ed è stata regolarmente autorizzata, nonostante una propaganda e una censura in stile sovietico abbiano finora imbavagliato ogni forma di dissenso. “Forse Putin voleva far vedere che eravamo quattro gatti, e invece eccoci qui in tanti, contro la sua politica imperialista che rischia di isolarci dal mondo”, osserva Anton, giovane ingegnere informatico che sventola la bandiera ucraina. In effetti sono tanti, oltre 50mila dicono gli organizzatori, ossia partiti e movimenti dell’eterogenea opposizione extraparlamentare. Ma se anche fossero un pò meno, come sembra, il successo non è una questione solo di numeri: “In piazza sono tornati lo spirito e la gente delle proteste anti Putin dopo il suo ritorno al Cremlino”, sottolinea Anna, 45 anni, una professoressa di storia. E la gente si è mobilitata anche in assenza dei suoi leader più carismatici, Alexiei Navalni e Serghiei Udaltsov, entrambi agli arresti domiciliari.

Ci sono anziani in colbacco, studenti, giovani coppie, professionisti, famiglie con bambini che tengono in mano palloncini giallo e blu, i colori della bandiera ucraina che nel corteo sventola fraternamente accanto a quella russa. Ci sono anche le bandiere bianco e azzurre del partito del Progresso di Navalni, quelle arancioni di Solidarnost, quelle arcobaleno. E pure le bandiere nere dei nazionalisti contro l’imperialismo. “No alla guerra”, “Giù le mani dall’Ucraina”, “Ucraina siamo con te”, “Putin hai paura del Maidan”, si grida. Nella fiumana umana che marcia da piazza Pushkin a corso Sakharov, la colomba simbolo di pace spunta in alcuni cartelli o si materializza sotto forma di palloncini. Qualcuno scomoda Gandhi. Altri pregano tenendo icone in mano. Molti preferiscono ironizzare: ecco l’sos di una matrioska contro un razzo, un falso venditore ambulante che parafrasa lo slogan “Fate l’amore, non la guerra” con il cartello “Make salo (il lardo, prodotto tipico ucraino, ndr), not war”. O una coppia travestita da infermieri in camice bianco che tengono appesa una foto di Putin con la camicia di forza. “Ha perso il contatto con la realtà”, scherza uno di loro, alludendo ad un recente commento della Merkel con Obama su Putin.

Poi tutti ascoltano pazientemente il comizio: l’ex premier Boris Nemtsov che evoca gli effetti delle sanzioni occidentali (“aumento dei prezzi, disoccupazione, povertà, è questo che vogliamo?“), la rockstar Andrei Makarevich che spiega di essere qui “perchè non voglio svegliarmi domani in un Paese in stato di guerra”. Applausi e “brave” anche per le Pussy Riot. “Qui vedo l’altra Russia in cui voglio vivere”, arringa Nadezhda Tolokonnikova mentre Maria Aliokhina, bandiera russa in mano, si chiede “come può essere legittimo un referendum sotto la minaccia delle armi?”. Poi rilancia un altro degli slogan della manifestazione, “per la vostra e la nostra libertà”, lo stesso usato dai dissidenti sovietici nel 1968 contro l’invasione di Praga: “Allora erano in otto in Piazza Rossa, noi ora siamo molti di più”. Come sempre, gli attivisti filo Putin hanno organizzato una contro manifestazione in piazza della rivoluzione, con non più di 10.000 persone: “Il Maidan qui non passerà”, era lo slogan di una folla divisa “militarmente” in plotoni, con giacca a vento rossa e sul retro disegnati i confini dell’ex Urss con la scritta “CCCP 2.0, metafora informatica di una nuova Unione Sovietica: quella che forse sogna ancora Putin.

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