Si chiude con un nulla di fatto il sedicesimo Congresso nazionale dell'associazione, a cui hanno preso parte 579 delegati. Per la prima volta nella storia, due erano i candidati per la dirigenza, ma i delegati non sono riusciti ad esprimere una maggioranza
Quattro giorni di congresso si concludono con un nulla di fatto. L’Arci non ha un nuovo presidente e dovrà aspettare giugno per sperare di vedere risolta la situazione di stallo. Si sono conclusi, a Bologna, i lavori del sedicesimo Congresso nazionale cui hanno preso parte 579 delegati su 592, per una percentuale pari al 98%. “La platea congressuale – si legge in una nota – non ha proceduto all’elezione dei nuovi organismi dirigenti e del presidente e l’assemblea per la nomina sarà riconvocata entro il 30 giugno: sino ad allora l’associazione sarà guidata da un comitato di reggenti composto dal presidente nazionale uscente Paolo Beni e dai presidenti dei comitati regionali”.
La spaccatura ha riguardato soprattutto la gestione dell’associazione e il ruolo della direzione nazionale. Nel corso del dibattito, molto dura a tratti, tra i partecipanti è anche emersa la richiesta di votare a scrutinio segreto. Ma nonostante il dialogo, le due anime non hanno trovato un accordo. Approvati, nel corso del Congresso, 60 ordini del giorno su diversi temi tra cui una forte critica alla legge elettorale approvata alla Camera, definita “un obbrobrio”; una presa di posizione contro le “grandi opere inutili come la Tav”, la richiesta dell’applicazione “degli esiti del referendum sull’acqua”; la richiesta della “chiusura immediata dei Cie e la cancellazione della legge Bossi-Fini”, oltre all’espressione “di solidarietà al giornalista Giovanni Tizian minacciato dalla criminalità organizzata”.