Il ministro del lavoro difende il piano lavoro del governo Renzi: "Non ritirerò il decreto", ha spiegato in un'intervista a Repubblica e il Mattino, "ma una discussione di merito lungo il percorso parlamentare è normale che ci sia. Mi assumo le responsabilità delle scelte fatte". Scettica Camusso (Cgil): "Misure dovrebbero ridurre diseguaglianze"
“Se uno mi dice che devo ritirare il decreto è ovvio che non lo farò. Mentre una discussione di merito lungo il percorso parlamentare è normale che ci sia”. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti chiude definitivamente la questione dopo le polemiche, difende a spada tratta l’allentamento delle regole sui contratti a termine e rinvia sine die un intervento sui precari per definizione, dai co.co.co alle partite Iva. “Il decreto va avanti così. Poi certo, non siamo infallibili e il dibattito in Parlamento farà il suo corso”, spiega dalle pagine di Repubblica e del Mattino. E nonostante le critiche della Cgil, ribadisce: “Le nostre regole, pur imperfette smuoveranno il mercato: fra dieci mesi ne vedremo gli effetti”.
“Mi assumo le responsabilità delle scelte fatte”, dice poi l’ex numero uno delle Coop cercando di dare dignità di pensiero alle sue scelte: “La deregulation non è la mia mentalità. Ma avere norme giuste che non producono effetti o ne producono di contrari è peggio”. Il decreto, quindi, “va avanti così”. Le norme introdotte sui contratti a termine e sull’apprendistato, aggiunge, “non faranno aumentare l’instabilità” perchè “basta guardarsi intorno per vedere cosa hanno prodotto i paletti fin qui piantati con le migliori intenzioni”. Queste modifiche, aggiunge il ministro, “permetteranno all’azienda di assumere con maggiore tranquillità e daranno ai lavoratori maggiori possibilità di ottenere tre anni continuativi di lavoro”. I paletti previsti dalla riforma Fornero, rileva ancora Poletti, “avevano il giusto obiettivo di limitare l’uso dei contratti temporanei, ma hanno prodotto l’effetto inverso. Questa situazione merita di essere difesa?”.
Nessuna rassicurazione, poi, sul tema del precariato in senso più ampio. Di co.co.co e partite Iva “ce ne occuperemo quando affronteremo la partita dei contratti e l’obiettivo è chiaro: non permetteremo finzioni”, dice. Quanto alla Cassa Integrazione in deroga su cui da mesi non si fa altro che dire che i fondi sono esauriti senza aggiungere proposte operative, “ho segnalato il problema e il governo troverà la soluzione”, dice e ne approfitta per rilanciare la “sua” riforma degli ammortizzatori sociali.
Misure e operazioni che continuano a non piacere al segretario Cgil Susanna Camusso. “L’impianto delle politiche del lavoro”, commenta, “deve puntare a ridurre le diseguaglianze generate dal precariato focalizzandosi anche sulla scuola e la formazione ed elevando l’obbligo scolastico. Bisognerebbe sicuramente fare misure efficaci forse bisogna anche sapere che se si legifera ogni pochi mesi sulla stessa materia questo non favorisce l’efficacia perché evidentemente si determinano contraddizioni e moltiplicazioni delle norme”. “Io credo – continua – che ora dopo questa lunga stagione di crisi i giovani sono dei soggetti sottoposti a una straordinaria disuguaglianza (da quella del non trovare lavoro ad avere una lunga stagione di precarietà) e forse il messaggio vero di cambiamento è dire loro che si prova a ridurre la disuguaglianza e dare loro misure giuste”. “La grande vera riforma, almeno così la Cgil sostiene – avverte Camusso – anche nel suo piano del lavoro, è quella che si cominci a considerare l’innalzamento dell’obbligo scolastico perché diventi il punto di partenza dell’istruzione come grande vettore di sviluppo. Noi siamo tra i Paesi cosiddetti sviluppati uno dei pochi che continua ad avere nei fatti l’obbligo scolastico a 15 anni, visto che a 15 anni è l’ingresso al lavoro, anche se la teorica affermazione del diritto allo studio è quella dei 16 anni”.