La Procura di Paola sta individuando il mandante dell’aggressione subita venerdì scorso dal giornalista del Quotidiano della Calabria Paolo Orofino. Una prima nota è stata depositata dai carabinieri sulla scrivania del procuratore Bruno Giordano che, domani, leggerà un’informativa più dettagliata su come si sono svolti i fatti che, stando alle ipotesi investigative, potrebbero essere legati alla vicenda delle pressioni subite nelle settimane scorse da L’Ora della Calabria che hanno bloccato le rotative del giornale e, soprattutto, hanno portato alle dimissioni l’ex sottosegretario Tonino Gentile.
Sullo sfondo, infatti, c’è sempre la stessa inchiesta sulle consulenze dell’Azienda sanitaria di Cosenza nella quale sono indagati il figlio del senatore del Nuovo Centro Destra e l’avvocato Nicola Gaetano. Proprio mentre cercava di fotografare quest’ultimo durante un’intervista che stava rilasciando a Servizio Pubblico, Orofino è stato preso a schiaffi da Pietro Calvano, un ragazzo di 31 anni che non ha una grossa caratura criminale ma, secondo gli inquirenti, è solito frequentare gli ambienti malavitosi di Paola e San Lucido.
E qui la storia assume contorni torbidi. Pietro Calvano, infatti, è figlio di Marcello Calvano, boss di San Lucido ucciso nell’agosto 1999. Nonostante la parentela, stando alla ricostruzione dei carabinieri, l’aggressore di Orofino non avrebbe avuto tuttavia la capacità di decidere da solo di prendere a schiaffi il cronista. Piuttosto, incrociando le versioni del giornalista e dei testimoni che hanno assistito alla scena, sembrerebbe che, in un primo momento, il tabaccaio della piazza di Paola (dove si sono svolti i fatti) avrebbe impedito a Orofino di scattare una foto all’avvocato Gaetano. “Tu non puoi fare la foto perché sei un pisciaturo”. Sarebbe stata questa la frase del tabaccaio che, all’invito a spostarsi rivoltogli dal giornalista (che ha anche paventato la possibilità di denunciarlo), avrebbe risposto: “Io sono ammanigliato in Procura”.
A questo punto sarebbe intervenuto Pietro Calvano che aveva avvertito Orofino ricordandogli chi è che comanda nella cittadina dell’Alto tirreno cosentino (“Compa’, qua siamo a Paola”) e prendendolo a schiaffi davanti alle telecamere di Servizio Pubblico. Poco prima Calvano sarebbe stato avvicinato da qualcuno che, adesso, i carabinieri stanno cercando di identificare per capire se c’è un “mandante” dietro l’aggressione e se questa possa essere collegata all’inchiesta sulle consulenze dell’Asp di Cosenza e, quindi, a Gaetano. “Tutto fa pensare – trapela dagli ambienti investigativi – che la reazione di Calvano non ci sarebbe stata se il giornalista non stesse intervistando il professionista indagato ma un’altra persona”.
È ancora più esplicito il procuratore di Paola Bruno Giordano: “È un episodio inquietante perché che fa seguito alle pressioni dello stampatore Umberto De Rose per impedire all’Ora della Calabria la pubblicazione della notizia sull’indagine a carico del figlio del senatore Gentile. Sono due episodi che esprimono entrambi un momento di aggressione alla libertà di stampa e alla tranquilità fisica dei giornalisti. È inspiegabile in altro modo. Chiaramente noi approfondiremo e valuteremo con la dovuta attenzione tutto quello che sta succedendo. Sono episodi che menomano il libero funzionamento della libertà di espressione”.