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Teatro, ai debuttanti solo lo 0,2% dei fondi pubblici. “Comandano le lobby”

Monti ha tagliato il 5% delle risorse per il Fondo unico per lo spettacolo e con Letta la quota da destinare al teatro è scesa al 15,8%. Ma il problema, come denuncia la Federazione nazionale arte di strada, è che il sistema di finanziamenti è "ingessato e privilegia le rendite di posizione". Presentata anche un'interrogazione parlamentare

L’Italia non è un Paese che sostiene il teatro emergente, né in generale quello fuori dai circuiti istituzionali. Almeno guardando alle scelte del ministero per i Beni e le Attività culturali che l’anno scorso ha stanziato tramite il Fondo unico per lo spettacolo (Fusper tutte le nuove domande degli enti teatrali 150mila euro, cioè lo 0,2% di un budget complessivo di 62,4 milioni di euro a sostegno dell’intero comparto teatrale (per lo più di realtà già accreditate). Nel 2013 le nuove domande erano 141, ossia poco più di mille euro a testa per realizzare un progetto se fossero state selezionate tutte. Sempre l’anno scorso agli enti che fanno promozione teatrale, perfezionamento professionale e alle organizzazioni che creano coi comuni italiani festival d’arte di strada, spesso gratuiti per il pubblico, sono andati 695mila euro, l’1,1% del totale teatro.

D’altronde il governo di Mario Monti col ministro Lorenzo Ornaghi ha speso poco meno di 390 milioni di euro per il Fus 2013 (che va dalla lirica alla danza), tagliando il 5% circa delle risorse. I soli eventi d’arte di strada hanno ricevuto 83.5oo euro, da dividersi in otto realtà. Non è andata molto meglio sotto il governo di Enrico Letta e il ministro Massimo Bray perché, in attesa delle ripartizioni per le singole categorie, a tutto il settore teatro andranno nel 2014 più soldi (64,3 milioni di euro) ma solo perché il Fus 2014 è salito fino a 406 milioni. In proporzione la quota per il teatro è del 15,83%, solo due anni fa era del 16,04% e il Fondo unico per lo spettacolo veleggiava oltre i 411 milioni di euro.

“L’anno scorso delle 21 nuove istanze che abbiamo presentato per il teatro di strada 20 sono state rigettate, arrivando a rappresentare il 15% di tutte quelle rigettate nei diversi ambiti del Fus teatro”, dichiara Alessio Michelotti, direttore della Federazione nazionale arte di strada (Fnas). “Inoltre al teatro di strada, che non gode nemmeno di un articolo specifico nella normativa sui contributi al teatro ed è inserito malamente nel capitolo di spesa ‘promozione, perfezionamento professionale ed artisti di strada’, arrivano dal 2003 meno di 60mila euro in media, lo 0,015% del totale Fus. Eppure il teatro di strada è oggi il vero teatro indipendente, si fa in spazi non convenzionali ed è spesso gratuito per il pubblico, un dato importante in tempi di crisi. Tra il 2012 e il 2013, secondo una ricerca Ipsos-Stageup, sono stati 26 milioni gli italiani che hanno assistito ad almeno un festival di strada. Con 200 manifestazioni l’anno, escluse quelle più estemporanee, rappresentiamo il 20% di tutte le attività dello spettacolo italiano. In Francia è un settore che riceve dallo stato circa 10 milioni di euro”.

Tra gli eventi più conosciuti, da Nord a Sud nella Penisola, ci sono il Ferrara Busker Festival, gli Artisti in Piazza a Pennabilli (in provincia di Rimini), il festival calabrese nel borgo antico di Gerace e l’Ibla Buskers di Ragusa in Sicilia. A Certaldo in provincia di Firenze, da 26 anni va in scena Mercantia, il festival più antico d’Italia dove il comune ha stimato che per ogni euro investito nel teatro di strada i turisti ne spendono 7 sul territorio. Come il ministero ripartisce i fondi del Fus “stupisce perché la gestione non consente un ricambio tra le attività e non rispecchia i nuovi modi con cui gli italiani assistono agli spettacoli teatrali. Le regole per definire assegnazioni non possono essere uguali per tutti: il numero di biglietti staccati non è per esempio un criterio adatto alle attività del nostro settore. Tanto più che noi riceviamo fondi solo per rassegne e festival, ma non per la produzione artistica”, continua Michelotti. “Sembra un sistema ingessato che intende privilegiare rendite di posizione. Del resto, anche il teatro è fortemente influenzato dalle lobby più potenti”.

Per chiarire i meccanismi del Fus è stata presentata lo scorso 5 febbraio anche un’interrogazione parlamentare dall’onorevole del Pd Paolo Petrini, ricordando che alcune kermesse come il Veregra Street a Montegranaro vicino Fermo organizzano i loro eventi per rivitalizzare periferie e luoghi disagiati. “Teatri stabili ad iniziativa privata” continuano intanto a ricevere legittimamente risorse (nel 2013 quasi 10,7 milioni in 15) per sostenere costi di gestione sicuramente maggiori di altri ma pur essendo soggetti già affermati e probabilmente con maggior appeal per gli investitori privati. Tra i destinatari del Fondo unico per lo spettacolo ci sono il Teatro Franco Parenti di Milano, il Teatro dell’Elfo sempre a Milano, il Teatro della Tosse di Genova e il romano Sistina srl. A loro vengono confermati, di Fus in Fus, risorse statali “trattandosi di organismi di riconosciuta validità artistica, da anni sovvenzionati”, secondo la Commissione consultiva per il teatro del ministero per i Beni e le Attività culturali. Tra le realtà da sostenere per legge ci sono pure alcune del calibro della Biennale di Venezia e dell’Istituto Nazionale per il dramma antico.

Né mancano soggetti a cui l’anno scorso sono stati concessi fondi pur in presenza di irregolarità nella rendicontazione degli aiuti tra il 2011 e il 2012. E’ il caso dell’Associazione teatrale abruzzese molisana dell’Aquila (Atam), nella categoria del Fus “Organismi di distribuzione, promozione e formazione del pubblico”, per cui la Commissione ha espresso “perplessità sulla qualità degli spazi utilizzati, in quanto sono indicati numerosi complessi scolastici e addirittura un ristorante” oltre alla “scarsa qualità del programma artistico” 2013. Il risultato finale? L’anno scorso, per l’Atam, sono stati previsti lo stesso 250mila euro pubblici (dimezzati rispetto agli approvati 580mila del 2011).