Rischio processo per il disturbatore televisivo Gabriele Paolini, arrestato l’11 novembre scorso con l’accusa di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e possesso di materiale pedopornografico.
Il pm di Roma Claudia Terracina ha chiuso l’inchiesta, atto che di norma precede la richiesta di rinvio a giudizio, aggiungendo alle contestazioni anche il reato di tentativo di violenza sessuale: ad avvalorare l’accusa un video in possesso degli inquirenti. Sono quattro i ragazzini vittime degli abusi del disturbatore tv.
Si tratta di tre italiani e un romeno, filmati in alcuni video fatti in un garage dove avvenivano gli incontri, erano stati adescati da Paolini, attualmente ai domiciliari, via internet. Nell’ordinanza di arresto il gip scrive che il disturbatore televisivo ha messo in atto nei confronti dei ragazzini un “insistente tentativo di persuasione, pur a fronte delle palesi resistenze oppostegli, con modalità espressive di reiterata e collaudata tecnica di induzione”.
I ragazzini si prostituivano in cambio di jeans, piumini e ricariche telefoniche. Ogni incontro veniva pagato 40 euro. “Per noi era l’uomo della della tv, il personaggio famoso. Quello che facevamo ci sembrava normale” avevano spiegato ai pm di Roma le vittime. Rispondendo alle domande del magistrato i minori avevano descritto il rapporto con l’uomo come “qualcosa di normale”, sottolineando che per loro Paolini era “un volo noto della tv”, e quindi la sua conoscenza era “motivo di vanto con gli amici”. Le indagini hanno anche accertato che erano consapevoli di essere ripresi durante i rapporti in una cantina di Roma.
Lo stesso gip nell’ordinanza di custodia cautelare scriveva che gli “episodi non appaiono occasionali”. Secondo il giudice per le indagini preliminari Alessandrina Tutini il comportamento del 39enne puntava “ad ottenere prestazioni sessuali, esaltate dallo stato di vulnerabilità della vittima; dalla gravità degli episodi e dal disvalore che esso esprime per le finalità perseguite”. P
Le indagini sul disturbatore tv sono scattate dopo una denuncia presentata dai titolari di un laboratorio fotografico di Riccione. A insospettire i titolari del laboratorio, alcuni file fotografici inviati per via telematica da un punto vendita di Roma in via Nomentana, per essere stampati. “Quei file – spiegano gli investigatori – ritraevano scene di sesso tra Paolini e alcuni ragazzi che sembravano minorenni”. A quel punto, i carabinieri di Riccione hanno informato i colleghi del Nucleo Investigativo di via in Selci che hanno cominciato a indagare.
Paolini si è sempre difeso dicendo che non c’era “mercimonio”, ma solo “affetto”. Ma a indagini concluse la sua posizione, cone la nuova accusa, si è aggravata.