“Sia la strada al tuo fianco, il vento sempre alle tue spalle, che il sole splenda caldo sul tuo viso, e la pioggia cada dolce nei campi attorno, e finché non ci incontreremo di nuovo, Iddio ti protegga nel palmo della sua mano”.
Mi ha colpito questo augurio del santo più venerato in Irlanda, sembra fatto apposta per noi che siamo venuti qui per un tour in bici. Nella fervida e vivace cultura, folclore e mitologia popolare irlandese, i santi occupano una parte molto importante. Tutte le contee, nessuna esclusa, oltre ai pascoli, laghi e villaggi, è fertile di figure religiose, ancora oggi molto venerate. San Patrizio, patrono dell’isola di smeraldo, è la figura centrale della cristianità irlandese. Con l’aiuto dell’arcangelo Michele dall’alto di un monte, scacciò tutti i serpenti dal paese. E’ leggenda certo, ma fa comprendere quanto sia radicato nell’immaginario collettivo degli irlandesi, che, in tutto il mondo, il 17 marzo festeggiano il famoso Saint Patrick’s day. Notissima anche la leggenda che vuole il cosiddetto “pozzo di San Patrizio”, un pozzo senza fondo, da cui si aprivano le porte del purgatorio. Il motivo poi della presenza del trifoglio nella bandiera nazionale è dovuta al fatto che S.Patrizio, per spiegare il concetto di Trinità al popolo sfogliò una per una le foglie del trifoglio unite da un unico stelo. Un popolo che andava fiero del proprio attaccamento alla chiesa di Roma, esportando grandi missionari tra cui anche San Colombano, fondatore dell’abbazia di Bobbio in Valtrebbia (PC). Tutto questo, nei secoli, ha creato terreno fertile perché il Cristianesimo dell’isola mettesse radici profonde e salde.
In bicicletta nella regione protesa nell’Oceano Atlantico in cui il grande regista cinematografico John Ford scelse di ambientare le scene del suo film capolavoro “Un uomo tranquillo” (1951). Un itinerario tra mare e colline, tra torbiere e laghi di un mondo semplice e ospitale.
Soffia forte il vento su Clifden; è il respiro dell’Atlantico che arriva con tutta la sua forza su quest’estremità della contea di Galway forgiata da una natura possente e impetuosa, gonfiando il mare plumbeo, dove i profumi della salsedine nebulizzata, si uniscono a quella dei pascoli verdissimi, si confondono nelle rapidissime variazioni di luce. Un detto locale dice che qui in un giorno si possono trovare tutte le situazioni delle quattro stagioni. Il tempo che alterna senza sosta, bufere e squarci di sole, arcobaleni e pioggia, accentua i contrasti di questo paesaggio dalle tinte forti.
L’incessante Atlantico batte, con la complicità del vento, le sue enormi onde contro le scogliere, che sembrano messe lì a difendere l’isola. La casa del Connemara è costruita con materiali del posto, in modo essenziale e con le tecniche suggerite dalla necessità. Salta all’occhio il tetto, che, vista la frequenza e la violenza della pioggia e del vento, era oggetto di particolare cura e attenzioni, con le lastre di pietre e terra tenuti insieme da vecchie reti da pesca.
Da Clifden, che si può scegliere come base, si può partire per fare un giro completo del Connemara in bicicletta, molto affascinante e poco faticoso, tra mosaici di laghetti dalle acque ferme, solcate da quelle splendide creature che sono i cigni reali, o trovarsi in angoli di rara suggestione come Kylemore abbey, un castello alla Harry Potter, oggi adibita a scuola femminile, ma che apre le sue porte anche ai visitatori più curiosi. Qui da secoli gli uomini hanno imparato a ricavare dall’acqua e dal mare i mezzi per vivere; sono i pescatori di Rossavel che con i loro battelli multicolori si spingono fino all’Islanda, alla ricerca di pesce, affrontando tempeste oceaniche, ma anche i proprietari dei curragh, piccole imbarcazioni nere di legno, utilizzate per la raccolta delle alghe e per la pesca sotto costa, alghe necessarie a fertilizzare i campi brulli e dilavati dalle piogge.
Verso l’interno, superati i primi rilievi colorati dalla brughiera, le Twelve Bens, ci si trova in vasti pianori, circondati da “montagne” che raramente superano i 500 metri, ma che spesso solleticano le nubi basse e gonfie di pioggia. A seconda della stagione prevalgono il verde o il giallo, un giallo bagnato e luccicante. E’ il regno della torba, un combustibile fossile usato per il riscaldamento delle abitazioni, formatosi nel corso di migliaia di anni nelle zone umide e paludose.
In queste vastità colorate dal giallo del ginestrino spinoso e dal rosso del brugo, abbiamo visto arcobaleni susseguirsi e colorare il cielo sopra Leenane, sentieri affiancati da muri di pietre a Clombur, perdersi nel lago Corrib, cavalli al pascolo nel Connemara national park, o non stupitevi se, camminando per le viuzze di Roundstone, sentirete un suono di tamburi: è la famiglia Kearns che prova i bodhrans, uno dei più antichi strumenti musicali irlandesi, fatto con un anello di legno e pelle di capra tesa.
Non è neanche raro trovarsi a tu per tu con un vetusto biancospino, contorto da centinaia d’anni di lotta contro il vento, sulle rive del lago Kylemore, che ci appare all’improvviso nelle solitudini del Connemara centrale. Insomma non c’è da stupirsi se la grezza bellezza, i paesaggi sconfinati e l’umore costantemente mutevole di questa regione hanno conquistato il cuore e la mente di tanti artisti e scrittori.
Cong, come tante altre cittadine irlandesi, ha le case allineate sulla strada principale, è famosa perché qui John Ford girò le scene del film, e qui abitava la battagliera donna (Maureen O’Hara) corteggiata da John Wayne. Altre riprese sono state fatte nel parco dell’Ashford castle, oggi lussuoso albergo, e sulle movimentate dune di Silver Strand, un luogo ideale per farsi rapire il cuore e l’anima.
Con la lentezza della bicicletta, con la costante e inevitabile compagnia di vento e pioggia, abbiamo visitato chiese del 1400 scoperchiate, Ross abbey, abitata da stormi neri e vocianti di corvi.
Abbiamo visto decine di scolari arrivare da ogni parte e lanciarsi in folli rincorse verso la scuola e le maestre, o arrivare in alcuni villaggi di due o tre case e trovare il camion che porta la banca o l’ospedale attraverso la campagna.
Un pochino più veloci però dobbiamo tornare a Clifden per non perdere la cena alle 18!!! E che consente di apprezzare il sole che muore laggiù all’orizzonte. Come non dare ragione a Oscar Wilde quando definì il Connemara “la bellezza selvaggia in balìa del vento e della solitudine”.