Nella Regione dei Parchi, dove quasi il 36% del territorio è sottoposto a rigorose norme di tutela ambientale, hanno perso la vita decine di esemplari. Crivellati dalle pallottole, strangolati nelle trappole, investiti da automobili in corsa o divelti da pale eoliche
Bracconieri assassini, tartufai senza scrupoli, allevatori esasperati dagli assalti al bestiame, imprenditori green dalla dubbia coscienza ambientalista. Sono forse questi gli unici responsabili della mattanza di orsi, lupi e rarissimi rapaci nella Regione più verde d’Europa, con oltre un terzo del territorio (36%) sottoposto a rigorose norme di tutela ambientale? Secondo i dati di Legambiente, in 36 mesi, hanno perso la vita in Abruzzo 14 esemplari di lupo appenninico, e tre maschi e due femmine, con cuccioli al seguito, di orso bruno marsicano. Le cause di questa strage silenziosa sono riconducibili all’azione dell’uomo e tristemente note alle cronache: animali moribondi con evidenti segni di avvelenamento, crivellati dalle pallottole, strangolati nelle trappole, investiti da automobili in corsa o divelti da pale eoliche. E, solo in rari pericolosi casi, uccisi malattie endemiche come, ad esempio, il cimurro. Secondo un altro inquietante studio, poi, la situazione sarebbe ben più grave: 44 lupi ammazzati, su una popolazione di 1.500 individui, in quella che è considerata la “Regione dei Parchi”. Insomma, un vero sterminio che sta avvenendo nel silenzio della politica, incapace di proteggere un tesoro che da solo giustificherebbe l’immediata applicazione del Patom (Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano), un piano straordinario d’emergenza.
Il giallo dell’Orsa morta venerdì – L’ultima tragedia è avvenuta lunedì, quando una femmina di lupo appenninico di circa quattro anni, incinta, è stata trovata crivellata dai colpi di una carabina tra i monti di Pizzoferrato. Venerdì scorso, invece, un’orsa, di età stimata tra i 5-6 anni, è morta nel centro di sorveglianza del Parco Nazionale d’Abruzzo a Pescasseroli. Era stata trovata in gravi condizioni qualche ora prima nella boscaglia alle porte di Gioia dei Marsi (L’Aquila). Sembrava gravemente malata, con tremori e problemi di coordinamento motori. Gli stessi che sembrano richiamare quelli dell’orso maschio, recuperato nei prati del Sirente, nel gennaio 2012 e poi deceduto, e quelli di un altro orso ritrovato morto, nei pressi della Riserva della Duchessa. “Siamo di nuovo costretti a registrare la morte di un orso – denunciano dall’associazione Salviamo L’Orso – e purtroppo a rendere la notizia ancora più grave è il fatto che si tratti di una femmina sulla soglia di iniziare la sua vita riproduttiva”.
Una perdita che arreca un danno gravissimo alle speranze di sopravvivenza della specie, che è ridotta ad una popolazione stimata tra 37/61 esemplari, di cui meno della metà, appunto, femmine. Purtroppo dietro questi episodi non c’è sempre lo zampino dei criminali, come nel caso dell’orso Stefano, crivellato dai colpi di una vile azione di bracconaggio nei pressi del Monte Marrone. C’è anche il caso di Rocco, 90 chili di orso bruno marsicano, travolto e ucciso mentre attraversava l’Autostrada dei Parchi. Infatti, mentre l’orso fa di tutto per sopravvivere, gli enti predisposti alla sua tutela (da protocollo Patom) approvano progetti urbanistici che hanno un forte impatto sull’habitat dell’orso e dimenticano di attuare interventi di profilassi per impedire la diffusione di malattie letali. “Il Parco – spiega il direttore Dario Febbo – fa tutti i giorni tutto quello che deve per la conservazione dell’orso. Purtroppo come si esce fuori dalla nostra competenza tocca ad altri fare la loro parte”. Ma la necessità di trovare risposte urgenti è forte. Perché ritardi o ambiguità possono compromettere la sopravvivenza della specie.