Sotto la raffica di colpi di arma da fuoco sono morti Cosimo Orlando, 43 anni, Carla Maria Fornari, 30 anni, e il figlio di quest'ultima. Sul sedile posteriore altri due bambini, di sei e di sette anni, rimasti illesi. La donna si era costituita parte civile nel processo sull'esecuzione del precedente marito Domenico Petruzzelli. E' su questa ipotesi e sulle lotte tra famiglie per il controllo della droga che i carabinieri puntano le indagini
Hanno sparato per uccidere, sapendo che in auto c’erano tre bambini. E’ il particolare che emerge nella ricostruzione, fatta dagli investigatori, della dinamica dell’agguato avvenuto alle 21.30 circa di ieri sera sulla strada statale 106 jonica, la Taranto-Reggio Calabria, all’altezza dello svincolo per Palagiano. Sotto la raffica di colpi – esattamente tredici – di arma da fuoco sono morti Cosimo Orlando, di 43 anni, con precedenti penali, in semilibertà, la sua compagna Carla Maria Fornari, di 30 anni, e il bambino di 4 anni. Sul sedile posteriore c’erano altri due bambini, di sei e di sette anni, rimasti illesi.
Orlando era un volto noto alle forze dell’ordine: stava infatti scontando una condanna per un duplice omicidio commesso nel 1998 in un paesino della provincia ionica. Anche il nome di Carla Maria Fornari, però, non era sconosciuto. La donna era infatti la moglie di Domenico Petruzzelli, pregiudicato ucciso il 9 maggio 2011 insieme a Domenico Attorre per un regolamento di conti nel mondo della droga. Un omicidio che i giudici nella sentenza che ha condannato all’ergastolo il 45enne Pietro Cisternino, il 36enne Francesco Mancini e il 35enne Pasquale Fronza, da inserire “a pieno titolo nella cultura del nostro tempo: quella dei social network e dei reality show». Perché l’assassinio dei due venne registrato dalle cimici presenti nell’auto della vittima. «È stato davvero agghiacciante per la Corte – si legge nelle prime righe delle motivazioni depositate qualche settimana fa – sentire in aula, nel pieno contraddittorio – e risentire più volte in camera di consiglio – gli attimi salienti in cui si stava perpetrando il duplice omicidio: udire i colpi degli spari, avvertire la disperazione – propria di ogni condannato a morte, come ricordava bene Oscar Wilde – di Domenico Petruzzelli che, pur essendo stato già ferito, ma non in modo letale, usciva dall’automobile che conduceva cercando una improbabile via di fuga, sentire gli autori dell’omicidio precipitosamente raccogliere i corpi dei due ed occultarli». Il movente secondo i giudici era da ricercare nel fatto che dopo tanti anni di carcerazione, Petruzzelli avesse tentato di allungare nuovamente le mani sul traffico di droga nel versante occidentale della provincia causando per questo uno scontro con il nuovo assetto della criminalità.
La moglie di Petruzzelli, Carla Maria Fornari, si era costituita parte civile nel processo. Ed è su questa ipotesi e sulle lotte tra famiglie per il controllo degli stupefacenti che i carabinieri, in queste ore, stanno cercando di fare luce. L’agguato, infatti, è stato una vera e propria esecuzione. L’auto, una Matiz rossa, è stata affiancata da un’altra vettura sulla quale c’erano i killer: il mezzo è stato prima speronato e poi crivellato di colpi. Alla guida del mezzo c’era la donna che stava riaccompagnando Orlando, nel carcere Carmelo Magli di Taranto. Circa una ventina i colpi esplosi da pochi metri di distanza, senza avere un attimo di esitazione. Cosimo Orlando non ha avuto il tempo di reagire. Sul posto sono intervenuti gli operatori del 118 che non hanno potuto far altro che constatare la morte dei tre. Sulla vicenda sono al lavoro i carabinieri guidati dal tenente colonnello Giovanni Tamborrino e dal capitano Fabio Bianco.