Osteggiata, criticata, combattuta. Da anni sembra sempre sull’orlo dell’abolizione. E invece tra un viaggio in Cile e una ricerca sugli stemmi dei comuni, è sempre lì al suo posto, rigorosamente foraggiata da soldi pubblici. Stiamo parlando della Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo, organismo creato dalla Regione nel 2006 e guidato fin dalla sua nascita da Silvia Bartolini. Da molto tempo diversi partiti chiedono invano la cancellazione o la revisione. Ora un’altra tegola arriva dalla procura della Repubblica: in seguito a un esposto anonimo i pm di Bologna hanno aperto un fascicolo contro ignoti, con l’accusa di truffa aggravata commessa ai danni della Regione Emilia Romagna. In altre parole gli inquirenti vogliono fare luce sui criteri di assegnazione dei fondi ad associazioni e istituti in Italia e all’estero.
L’apertura dell’inchiesta, in mano al sostituto procuratore Morena Plazzi, risale in realtà ad almeno un anno fa. Nonostante la Procura non confermi e non smentisca, ci sono degli indagati. Si tratterebbe di tre persone esterne alla Regione e il lavoro degli investigatori, già in fase avanzata, va avanti sotto il più stretto riserbo. Il fascicolo rientra nella maxi-inchiesta sulle spese illecite della Regione Emilia Romagna, che va avanti da oltre un anno sotto il coordinamento del procuratore capo Roberto Alfonso e dell’aggiunto Valter Giovannini. Proprio un esponente della giunta regionale ha detto che in un eventuale processo sul caso della Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo, l’ente guidato da Vasco Errani potrebbe considerarsi “parte lesa”.
Creata 8 anni fa, con una legge regionale ad hoc, unica in Italia, per tenere in vita la cultura e la tradizione locale tra le comunità di italiani all’estero, la Consulta ha portato avanti la propria attività senza alcun ostacolo per parecchio tempo. In tre anni, dal 2007 al 2009, è costata alle casse pubbliche oltre tre milioni, di cui un milione solo per spese di pranzi, cene, gettoni di presenza e rimborsi di biglietti aerei per viaggi all’altro capo del mondo. Per questo, nel 2011 in aula si è cominciato a mettere in dubbio la reale necessità della sua esistenza e a parlare della sua abolizione. A chiederla sono stati nel tempo quasi tutti i partiti che siedono in viale Aldo Moro, dal Movimento 5 stelle all’Idv fino all’Udc, con l’unica eccezione del Pd.
Ore di discussione in aula e diversi di progetti di legge però non sono mai arrivati ad alcun risultato. Solo nell’ottobre del 2012, complice anche l’onda emotiva degli scandali sulle spese dei consigli regionali fioriti da nord a sud, la giunta aveva messo sul tavolo una proposta di modifica per abbattere i costi dell’organismo, a partire da quelli della presidenza. Ma di quei piani non è rimasto praticamente nulla. Giusto un paio di riunioni informali con i consiglieri regionali per trovare una “proposta di riforma condivisa”, terminate con la promessa di riparlarne nella prossima legislatura.
Anzi, la giunta ha appena autorizzato una prima tranche di fondi, pari a 57 mila euro, destinati al funzionamento della Consulta nel 2014. Lo fa sapere Liana Barbati, consigliere regionale dell’Idv: “Nel 2013 furono 113.500 stanziati con due differenti delibere” specifica. “In un biennio, aspettando un eventuale secondo stanziamento per il 2014, i fondi per il funzionamento della Consulta sono stati quindi 170.500 mila”. Resta invariata anche la posizione della presidente Silvia Bartolini, ex aspirante sindaco a Bologna, passata alla storia per essere stata il primo candidato di centrosinistra a consegnare il capoluogo emiliano alla destra, dopo 50 di amministratori rossi. “Non ho nulla da dichiarare”, è stata la risposta a ilfattoquotidiano.it di Bartolini alla domanda se sapesse dell’inchiesta.
E se parte delle risorse stanziate dalla Regione sono finite nei costi di mantenimento, tra i progetti finanziati si trova un po’ di tutto. Sono stati spesi 8.050 euro per “la creazione di una rete di imprese argentina impegnate nella responsabilità di impresa”, altri 8mila per il “gemellaggio Bologna-Portland destinato a rafforzare il rapporto tra le due città”, e altrettanti per un corso di italiano in Romania con “serata finale di degustazione di prodotti tipici presso una location prestigiosa”. Con delle chicche, come il corso di lingua italiano avanzato “incentrato sulle figure dei Papi emiliano romagnoli, che toccherà anche la figura del nuovo papa, argentino di origine italiana” , costato anche quello 8000 euro di soldi di contribuenti.
“Continuiamo a mantenere vivo un ente che butta soldi pubblici in progetti di discutibile valore”, è il commento della Barbati. I nomi dei soggetti beneficiari dei fondi sono quasi sempre gli stessi. Tre in particolare: l’Istituto Fernando Santi di Reggio Emilia, il Comitato tricolore per gli italiani nel mondo e il Movimento cristiano lavoratori dell’Emilia Romagna. In sei anni, dal 2008 al 2013, hanno avuto in totale 303.372 mila euro, per 27 progetti. A fare da padrone l’Istituto Fernando Santi che ha ottenuto oltre 161 mila euro, aggiudicandosi la maggior parte dei bandi. Nel 2009, ad esempio, la Consulta ha finanziato 4 suoi progetti, tra cui l’incontro intitolato “Saperi e sapori della pianura emiliana: tradizione e arte in cucina”, e l’interscambio in Argentina con “visita e gemellaggi tra i territori”. Costo totale: 40.410 euro.
di Giulia Zaccariello e David Marceddu