Le dichiarazione spontanee dell'ex ministro della Giustizia al giudice per l'udienza preliminare di Napoli sulle presunte clientele illecite dell’Udeur. "Il mio partito è stato eliminato, azzerato. Non esistiamo più. Affronto mestamente e pacatamente il processo e mi ricordo del ministro Gui, coinvolto nello scandalo Lockheed: alla fine venne assolto ma non tornò mai ministro"
La baldanza dei bei giorni è un ricordo. Come il codazzo di cronisti che lo inseguiva quando era ministro della Giustizia per strapparne una dichiarazione, un commento. Nell’aula 212 del Tribunale di Napoli, Clemente Mastella è un uomo dimenticato. Un imputato qualsiasi. Per un reato odioso: associazione a delinquere. In altri tempi, ci sarebbero volute le transenne e la polizia per tenere a bada giornalisti e curiosi. Adesso, non ci fa caso nessuno.
È l’udienza preliminare di uno dei processi sulle presunte clientele illecite dell’Udeur. Un’inchiesta divisa in diversi rivoli e già a dibattimento davanti a un paio di collegi. È la vicenda che culminò negli arresti domiciliari della moglie, Sandra Lonardo, e la ritorsione dell’uscita del Campanile dalla maggioranza di centrosinistra, con la caduta del governo Prodi. Per l’accusa di associazione a delinquere Mastella&C., ovvero gli stati generali del partito mastelliano in Campania, erano stati già prosciolti. Ma la Procura ha fatto ricorso e la Cassazione lo ha accolto. Così, come nel gioco dell’oca, si è tornati al punto di partenza.
Mastella, assistito dall’avvocato Alfonso Furgiuele, vuole fare dichiarazioni spontanee. Le ha preparate con cura. Il gup Maurizio Conte non è preso alla sprovvista, per questo ha scelto un’aula predisposta alla registrazione fonografica. Il giudice lo prega di attenersi al capo di imputazione, con il sottinteso invito a non dilungarsi troppo. “Parlerò cinque-dieci minuti” risponde l’imputato. Si prenderà mezz’ora.
La voce di Mastella tradisce l’emozione. Da questa storia lui non si è mai ripreso del tutto. Pur essendo caduto in piedi. È pur sempre stato eletto europarlamentare. Anche se in casa d’altri, nel Pdl-Forza Italia di Berlusconi. I toni sono pacati. Il contenuto un po’ meno. È un’autodifesa senza se e senza ma. Sull’associazione a delinquere: “Una favola, un’idea metafisica. Mi si contesta di essermi associato a persone che non conosco per fatti che non conosco”. Sul concetto che un intero partito, l’Udeur, possa essere assimilato a un’associazione a delinquere: “Nulla di penale può essere attribuito a un partito politico, venti anni fa Davigo, Colombo, il pool di Mani Pulite, discussero se contestare l’associazione a delinquere ai partiti sotto inchiesta e rinunciarono, i partiti sono elementi fondanti della democrazia”. Più tardi confiderà: “Questa l’ho appresa da un giornalista de Il Fatto Quotidiano”. Sulla tentata concussione a Bassolino, con la minaccia di ritirare la delegazione Udeur dalla giunta regionale se non avesse ottenuto la nomina del presidente di un ente, per la quale c’è un processo in corso: “Un partito lavora per il potere, è la normale dialettica politica, peraltro noi ci comportammo nello stesso modo della Margherita, con la differenza che all’epoca loro erano determinanti per la maggioranza Bassolino e noi no. Mi chiedo: se una persona violentata viene sempre sentita per ricostruire l’identikit e il comportamento del violentatore, perché il ‘violentato’ Bassolino non è stato mai sentito dalla Procura”. L’ex Governatore, peraltro, non si è costituito parte civile.
Mastella, che ripete a intervalli regolari di essere stato il ministro di Giustizia (ebbene sì, è successo), indossa i panni della vittima: “Il mio partito è stato eliminato, azzerato. Non esistiamo più. Affronto mestamente e pacatamente il processo e mi ricordo del ministro Gui, coinvolto nello scandalo Lockheed: alla fine venne assolto ma non tornò mai ministro. Anche per me non ci sarà risarcimento politico, si renda conto, signor giudice, del mio stato d’animo”. Sulle presunte segnalazioni per assunzioni all’Arpac, annotate su un file di un computer della segretaria del direttore generale dell’agenzia, con i nomi dei contrattualizzati e del relativo politico di riferimento (c’erano gli udeurrini, all’epoca titolari dell’assessorato regionale all’Ambiente, ma anche gli esponenti di altri partiti, di maggioranza e opposizione): “Mi chiedo perché hanno messo sotto inchiesta soltanto noi”.
L’ex ministro non perde l’ironia e nel sottolineare che l’indagine non contesta tangenti e passaggi di denaro, si lascia andare a una confidenza: “Sono un po’ tirchio, ma nel senso che non mi interessano i soldi. E al bar sono più contento se il caffè me lo offre lei”. Mastella non è spaventato da un eventuale, nuovo rinvio a giudizio: “Forse sarà meglio, più si andrà avanti e più si chiarirà l’ingiustizia”. Ma l’accusa di 416 proprio non la digerisce: “In quel caso dovrà essere riscritta la storia della Repubblica. Napolitano, Ciampi, i componenti del Csm di competenza del Guardasigilli saranno stati eletti e nominati da un associato a delinquere di un partito-associazione per delinquere”. Ad aprile la decisione del Gup sul rinvio a giudizio o sul proscioglimento.