La legge 40 sulla fecondazione assistita ha compiuto da poco dieci anni e da quando è nata è sempre stata al centro di dibattiti e polemiche per le restrizioni e le contraddizioni in essa contenute.
All’articolo 2 la legge afferma che lo Stato promuove “ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e dell’infertilità” e favorisce “gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l’incidenza” ma nel rispetto di “tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”.
A voler ben guardare in questi dieci anni a non essere assolutamente favoriti, bensì danneggiati da questa legge non sono stati solo i genitori, ma anche il concepito. Ai suoi esordi, la legge 40 vietava l’analisi preimpianto sull’embrione ovvero la possibilità di conoscere in anticipo se il feto presentasse il rischio di contrarre malattie genetiche importanti come ad esempio la beta-talassemia, l’anemia falciforme, la distrofia Duchenne-Becker, l’atrofia muscolare spinale, la fibrosi cistica, etc. In altre parole, se all’interno della coppia c’erano portatori di una malattia genetica e le possibilità che questa malattia venisse trasmessa anche al nascituro erano alte, ai genitori veniva totalmente preclusa la possibilità di saperlo e di rinunciare all’impianto dell’embrione. La grave contraddizione stava nel fatto che, progredendo la gravidanza, se l’amniocentesi rilevava che il feto era malato, la coppia poteva per legge (la 194) ricorrere al cosiddetto aborto terapeutico durante il terzo, quarto mese. Non so se sia stata questa grave contraddizione a determinare l’abbattimento di questo divieto, fatto sta che il 28 agosto del 2012 la Corte europea dei diritti umani ha bocciato la legge sull’impossibilità per una coppia fertile ma portatrice di una malattia genetica di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni e prima ancora, nel 2009, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di analisi preimpianto previsto dalle Linee Guida Ministeriali adottate con la legge nel 2004.
La legge 40 viene smontata pezzo per pezzo dai tribunali che, di volta in volta, hanno dichiarato illegittimo il limite di produzione degli embrioni, l’obbligo di un unico e contemporaneo impianto e il divieto di congelare gli stessi. Fortunatamente le sentenze hanno avuto la meglio su una legge nata contro le donne che erano costrette a sottoporsi a diversi cicli di bombardamento ormonale che potevano rivelarsi nocivi per la salute ogniqualvolta la fivet non andava a buon fine proprio perché c’era il divieto di crioconservare gli embrioni.
Giova ricordare che questi divieti non nascevano affatto dalla volontà di tutelare la salute della coppia, della donna e del nascituro ma erano dettati da convinzioni ideologiche che avevano e hanno tuttora la presunzione di sostituirsi alla scienza in nome dell’inviolabilità della vita fin dal concepimento. Quando nel 2004 fu indetto il referendum per abrogare la legge ci fu una massiccia campagna per l’astensione portata avanti non solo dai partiti cattolici, ma anche dalla Conferenza Episcopale Italiana che arrivò a far affiggere manifesti fin sulle porte delle chiese e delle parrocchie più sperdute. Il risultato, come tutti ci ricordiamo, fu il mancato raggiungimento del quorum perché a votare andò soltanto il 25,9 per cento degli aventi diritto.
Oggi persistono ancora divieti che, al di là dei limiti imposti alla ricerca scientifica, ai single e alle coppie omosessuali per cui occorre un capitolo a parte, di fatto discriminano coppie sterili che, non potendo ricorrere alla fecondazione eterologa (con l’uso di spermatozoi o ovuli provenienti da un soggetto esterno alla coppia) sono costretti a rinunciare al desiderio di diventare genitori o, se ne hanno le possibilità economiche, devono ricorrere al cosiddetto “turismo riproduttivo” scegliendo di migrare all’estero, ad esempio in Spagna, dove possono sottoporsi alle terapie ritenute illegali in Italia.
Nel 2004 conducevo una trasmissione con mio marito Gianfranco Funari su Odeon Tv e dedicavamo ampio spazio al dibattito sulla legge 40. Ricordo che durante una puntata leggemmo un brano della Bibbia in cui Abramo, non potendo avere figli dalla moglie Sara, fu invitato dalla stessa ad accoppiarsi con un’altra donna dalla quale nacque Ismaele, il “loro” primogenito, e noi la definimmo concettualmente una sorta di fecondazione eterologa ante litteram o di maternità surrogata vera e propria per sottolineare il fatto che i figli sono di chi li cresce e che ciascuno, se lo desidera ma ne è naturalmente impedito, dovrebbe essere libero di diventare genitore come crede, con l’adozione o con la fecondazione assistita, omologa o eterologa che sia.