A chi non è capitato di vedere sulle autostrade i camion degli animali destinati al macello? Quegli occhi tristi che guardano attraverso le sponde del camion, quei corpi ammassati in condizioni di visibile sofferenza, sia con il sole a picco di agosto sia con il freddo gelido dell’inverno.
E’, quella del trasporto degli animali al macello, l’unica “faccia visibile” dell’allevamento intensivo, che altrimenti ben si premura di tenere gli animali dietro a porte chiuse, che siano quelle dei capannoni o quelle dei macelli. Per ovvie ragioni, dato che la sofferenza degli animali potrebbe impressionare molte persone, che, forse, potrebbero cambiare le proprie abitudini di acquisto alimentare. Un rischio che la zootecnia intensiva non può e non vuole correre.
E infatti anche tra i non particolarmente “animalisti” sono molti, moltissimi anche in Italia, i cittadini contrari ai lunghi viaggi degli animali al macello, su cui peraltro vi è stata una grande campagna europea che chiedeva di porre il limite di 8 ore a questi “viaggi della morte”. Purtroppo questo limite non è stato ancora conseguito. Si può immaginare perché: troppi gli interessi economici che si andrebbero a toccare.
Tuttavia, in questa situazione di per sé già drammatica, ve n’è una ancora più grave, di fronte a cui bisogna agire urgentemente.
Infatti, mentre i trasporti al macello e le condizioni di macellazione che affrontano gli animali in Italia o in altro stato della Ue sono almeno garantiti dalla legislazione europea che impone regole e stabilisce quindi un limite all’efferatezza, quanto attende gli oltre tre milioni di animali europei che ogni anno vengono “esportati” per essere macellati al di fuori dell’Ue esce dal nostro controllo. Un gran numero di questi è destinato al Medio Oriente, dove una recente indagine diCIWF e Animals’ Australia ha svelato scene di crudeltà inimmaginabili.
Animali provenienti da Francia, Germania e Romania, ad esempio, dopo avere già sopportato un lunghissimo viaggio per terra e per mare, approdano ai macelli mediorientali dove molto spesso vengono trascinati per gli arti, costretti a terra da gruppi di uomini che stanno loro letteralmente addosso, battuti con verghe di metallo, sospesi a testa in giù per lunghi periodi di tempo, e infine macellati in modi crudelissimi che li lasciano coscienti per molti minuti dopo essere stati sgozzati. Tutte pratiche peraltro proibite dalle linee guide dell’Oie .
Sebbene tutti i macelli siano un luogo di sofferenza, va detto che in casi come quelli documentati si supera ogni limite di crudeltà.
Vi è chi può porre fine a tutto questo, ed è la Commissione Europea, che può almeno vietare il trasporto di animali vivi verso paesi terzi, sostituendolo con l’esportazione di carne surgelata. Come CIWF Italia abbiamo appena lanciato una petizione su Change.org , che invito a firmare, per chiedere al Commissario Europeo competente di fare questo passo. E, siccome sappiamo che i percorsi legislativi sono purtroppo sempre (troppo) lunghi, chiediamo che, finché tale divieto non entri in vigore, l’Ue fornisca un sostegno concreto ai paesi che importano i nostri animali vivi, in modo che possano migliorare i trasporti, la gestione e i metodi di macellazione. Ciò permetterebbe di aiutare non solo gli animali provenienti dall’Europa, ma anche tutti gli altri animali macellati in quei paesi.
Il principio è semplice: come, in questo caso, giustamente, gli allevatori reclamano che non si devono importare prodotti di animali allevati secondo standard inferiori a quelli Ue, allo stesso modo non si dovrebbero esportare i nostri animali in paesi dove non si rispettano i nostri standard di abbattimento.
Vorrei fare una precisazione onde evitare equivoci: affrontando tale questione, non si tratta di fare polemiche contro questo o quello o ergersi a paladini del ‘noi sì che siamo civili’, un atteggiamento comune e verso cui io sono molto scettica. Anche da noi in Italia e in Europa ci sono ancora pratiche crudeli verso gli animali da allevamento, molte delle quali vengono consumate “di routine” e sono peraltro ancora consentite dalla legge. Tuttavia, non per questo si possono ignorare situazioni come quelle degli animali esportati dalla Ue in Medio Oriente per motivi di political correctness. Per paura di venire tacciati di “pregiudizi” o per non dire peggio, di razzismo (ideologia a cui ovviamente sono assolutamente contraria). Quella del trattamento dignitoso degli animali è un’istanza che non conosce frontiere e quindi è nostro dovere denunciarne gli abusi laddove essi si presentino.
Nel ventunesimo secolo, il trattamento di esseri viventi senzienti come quello documentato da CIWF non è veramente più accettabile.