Su la Repubblica del 15 marzo abbiamo letto la storia drammatica di una ginecologa, Rossana Cirillo, che racconta come sia stata costretta dopo 25 anni di ivg (interruzione volontaria della gravidanza), a diventare obiettrice. Una storia drammatica che ci dice del profondo disagio di molti ginecologi (vedi commenti al mio post dell’8 marzo). La verità è che molti ginecologi nei confronti dell’ivg non sono veramente liberi di scegliere secondo coscienza. A seguire su Quotidiano sanità, il giornale on line più letto nel settore, è uscita prima una importante presa di posizione della FP Cgil (18 marzo) e poi una pregnante lettera aperta (19 marzo) rivolta ad Amedeo Bianco senatore del Pd e presidente della Fnomceo (la federazione degli ordini dei medici) scritta da Sandra Morano una ginecologa storica di Genova, non obiettrice da sempre, che ci dice sostanzialmente due cose:
Credo che Sandra Morano abbia riassunto i due corni del problema smascherando a sua volta l’operazione subdola, alla quale anche la Commissione Affari sociali della Camera si è prestata, di ridurre responsabilità politiche a problemi tecnici di mobilità del personale. La risposta al primo problema può essere l’istituzione in ogni azienda del dipartimento per la salute della donna, cioè una organizzazione in grado di prendere in carico il bisogno globale delle donne e nello stesso tempo di esprimere in massimo grado la professionalità del ginecologo, evitando così che i ginecologi non obiettori siano condannati per tutta la vita a fare aborti (Il manifesto “più obiettori dove la sanità sprofonda”, 18 marzo). La risposta al secondo problema merita un approfondimento a partire proprio dalla storia di Rossana Cirillo che non può essere liquidata solo come la storia di una ginecologa stufa di fare degli aborti. Essa ci dice che:
L’essere indotti, quindi obbligati in diverso modo, a fare delle scelte professionali contro la propria coscienza, è una forma di coartazione della volontà e, quindi, di limitazione della libertà. Per valutare la coartazione dice la Corte di Cassazione (sentenza n. 13070 del 15 novembre 1999 e n. 1911 del 21 febbraio 2000) occorre far riferimento non a criteri astratti e aprioristici bensì a concrete circostanze. Le circostanze concrete nella storia di Rossana, sono ben chiarite (tagliata fuori dalla carriera, costretta a fare aborti come una catena di montaggio, essere considerata una ginecologa di serie B, ostilità della direzione sanitaria, impossibilità a partecipare a convegni, turni massacranti, minacce ecc). In questo clima la decisione di Rossana di dichiararsi obiettrice ha il significato tanto di una estorsione quanto di una violenza privata ma sulla quale nessuno interviene, meno che mai la regione Liguria in cui lei opera e il cui assessore alla Sanità è il coordinatore di tutti gli assessori alla sanità di Italia. La legge ci dice che:
E’ quindi del tutto evidente che la decisione di Rossana di diventare obiettrice non è stata una sua libera scelta perché condizionata da clamorosi vizi di consenso riconducibili nel caso di Rossana, soprattutto a violenza e a dolo:
Riassumiamo: nella realtà esistono almeno 6 tipologie di ginecologi: 1) come Rossana, 2) che temono di subire la sorte di Rossana, 3) che si dichiarano non obiettori per trovare lavoro e poi si dichiarano obiettori, 4) che sono senza scrupoli perché obiettano nel pubblico e fanno aborti nel privato; 5) onesti e sinceri che obiettano per ragioni di coscienza; 6) non obiettori come Sandra Morano. Due problemi:
Siccome credo che il principio dell’obiezione di coscienza debba essere salvaguardato credo anche che per salvaguardarlo si debbano combattere tanto le coartazioni, quanto gli abusi e difendere allo stesso modo il diritto degli obiettori sinceri e dei non obiettori. Chi non lo fa è semplicemente in malafede.