Un centinaio di attivisti dei centri sociali di Emilia romagna e Marche hanno occupato la sede dell’Efsa per protestare contro l’introduzione in Europa delle sementi geneticamente modificate. I militanti: "Abbiamo fatto una manifestazione pacifica e ci hanno colpito senza motivo"
Un centinaio di attivisti della coalizione centri sociali dell’Emilia Romagna, Marche e nord est Italia ha occupato la sede dell’Efsa a Parma per protestare contro l’introduzione in Italia delle sementi geneticamente modificate. Vestiti con tute bianche e cappucci, i manifestanti hanno fatto irruzione nella sede dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare in via Piacenza, hanno imbrattato i muri esterni con scritte anti-Ogm e distribuito volantini e frutta e verdura biologiche. La manifestazione, non autorizzata dalla Questura, è cominciata poco dopo le 10 con il blitz durato circa mezzora, in cui gli attivisti hanno incontrato i dipendenti dell’Efsa che erano in riunione per l’approvazione del nuovo executive director, fino all’uscita dalla sede dell’Authority con l’arrivo delle forze dell’ordine. La protesta è nata per denunciare il ruolo dell’Efsa nella valutazione delle richieste di autorizzazione delle sementi Ogm nell’Unione Europea. “In Italia le sementi geneticamente modificate sono vietate – spiegano dal coordinamento – ma alcuni agricoltori hanno tentato di introdurle, spalleggiati dalle multinazionali e spesso l’Efsa ha dato il via libera”.
Durante l’intervento della polizia ci sono stati momenti di tensione e alcuni manifestanti raccontano di essere stati colpiti con manganelli e caschi. Nella colluttazione sono rimasti feriti tre attivisti e due agenti delle forze dell’ordine, che poi hanno scortato i manifestanti per le vie del centro, fino all’arrivo sul ponte di Mezzo, a poche centinaia di metri dal Comune, dove sono stati bloccati da due cordoni di agenti in tenuta antisommossa. Sul posto è intervenuto anche il questore Giuseppe Racca, che si è confrontato con gli attivisti, che hanno denunciato la violenza della polizia nei loro confronti.
“Abbiamo fatto una manifestazione pacifica, abbiamo distribuito frutta biologica e parlato con i dipendenti Efsa – ha spiegato Daniele Codeluppi del coordinamento – poi, quando stavamo uscendo, è arrivata la polizia”. Gli attivisti hanno raccontato che le forze dell’ordine hanno cercato di chiuderli dentro i cancelli della sede dell’Authority. “Abbiamo cercato di uscire e la polizia ci ha attaccato – continua Luca, un altro manifestante – hanno colpito una ragazza con un manganello e un altro dei nostri è stato spinto contro un’auto e picchiato con un casco. Un poliziotto ha anche estratto una pistola, che gli è caduta”. Nella colluttazione sono rimaste ferite tre persone del coordinamento, tra cui una ragazza colpita a uno zigomo (che però ha rifiutato il ricovero), e due agenti. “La manifestazione non era autorizzata – spiegano dalla Questura – A noi non risulta l’episodio della pistola. Siamo dovuti intervenire perché i manifestanti hanno invaso l’Efsa e hanno compiuto atti vandalici nella sede”. Gli attivisti però puntano il dito su quanto accaduto e chiedono che sia fatta chiarezza: “Da quando siamo usciti dalla sede dell’Efsa hanno continuato ad attaccarci – hanno raccontato – Ora ci vogliono identificare, ma anche noi vogliamo i nomi di chi ci ha colpito, visto che nessuno ha il numero identificativo sul casco”.
La protesta è finita poco dopo le 12, quando le forze dell’ordine hanno permesso agli attivisti di lasciare il ponte di Mezzo per tornare a casa, senza essere scortati. Dopo il blitz la sede dell’Authority è stata evacuata e l’Efsa ha fatto sapere che “rispetta il diritto dei cittadini a protestare pacificamente e a esprimere la loro opinione sul suo operato, ma deplora la modalità scelta dai dimostranti in questa occasione per veicolare il loro messaggio. L’Efsa è fiera – si legge in una nota diffusa – di quanto ha raggiunto sinora in termini di coinvolgimento delle parti interessate e dei gruppi di pressione, anche di quelli che hanno un’opinione contraria ai propri pareri. L’Autorità ha sempre riservato una parte considerevole delle proprie risorse a garantire che tutte le voci vengano ascoltate, e continuerà a farlo in futuro”.