Cultura

Renzi, le mostre e i curatori scelti. Lady Carrai conquista Pollock

Nella mozione con cui Matteo Renzi si è candidato alla guida del Pd si legge che “vanno cambiati i centri per l’impiego, in un Paese dove si continua a trovare lavoro più perché si conosce qualcuno che perché si conosce qualcosa: la raccomandazione più che il merito”. Una frase che non fa una piega. Proviamo ad applicarla al mondo – mai molto chiaro – dei rapporti tra pubbliche amministrazioni ed eventi culturali. Se una ragazza di 26 anni, laureata in Filosofia e senza alcuna esperienza curatoriale, riceve l’incarico di curare la principale mostra di un grande Comune italiano è perché conosce qualcuno o perché conosce qualcosa? È questa la domanda che due consiglieri di opposizione, Ornella De Zordo (Per un’altra Città) e Tommaso Grassi (Sel), hanno formalmente rivolto alla città di Firenze, ora retta dal vicesindaco Dario Nardella.

In un articolo apparso il giorno prima sul Corriere Fiorentino si era, infatti, letto che la ragazza in questione (che si chiama Francesca Campana Comparini), è in procinto di sposare Marco Carrai, uno dei membri più importanti del cerchio magico di Renzi. Carrai – vicino a Cl – è presidente dell’Aeroporto di Firenze e membro del cda della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, e di quello del Gabinetto Viesseux, oltre a essere stato presidente della cruciale Firenze Parcheggi. Carrai è socio della Holden srl di Baricco, ed è – per dire – tra i soci della ditta che ha trasformato la Libreria Marzocco nel nuovo Eataly Firenze. Ed è, naturalmente, il direttore generale della Fondazione Big Bang, la cassaforte della macchina politica di Renzi.

In questi giorni, infine, Carrai è sotto i riflettori per aver ospitato per tre anni a titolo gratuito l’amico Matteo in un suo appartamento nella centralissima via degli Alfani a Firenze. Una serie di circostanze che spiega perché l’opposizione chieda di chiarire formalmente “se la mostra di Pollock ha superato una valutazione tecnico amministrativa ed eventualmente da chi è stata svolta prima di ricevere il sostegno del Comune di Firenze attraverso la delibera di Giunta e se si può ravvisare in questo intreccio un apparente conflitto d’interessi o almeno un inopportuno favoritismo verso la futura moglie di un personaggio assai vicino al sindaco Renzi”.

Moglie di Carrai o no, il punto è: Francesca Campana Comparini ha i titoli per curare una mostra di questa ambizione? Nella principale banca dati del settore, sono presenti 62 titoli dell’altro curatore (Sergio Risaliti), e uno solo (e su un tema del tutto diverso) della Comparini, che esattamente due anni fa veniva intervistata sempre dal Corriere Fiorentino per aver esposto alcune sculture contemporanee fuori del negozio di famiglia, in via Tornabuoni. Un’iniziativa certo lodevole, ma non esattamente un titolo scientifico. Nel frattempo, bisogna riconoscerlo, la giovane filosofa ha firmato un saggio nel catalogo della mostra sullo scultore Zhang Huan a Forte Belvedere. Ma poiché anche quella è stata una commissione dello stesso Comune di Firenze, è purtroppo assai poco utile a chiarire il dubbio instillato da De Zordo e Grassi.

Avrebbe i titoli per rispondere l’assessore alla Cultura Sergio Givone, il quale ha incontrato la curatrice intervenendo a un ciclo di conferenze da lei organizzato presso lo Studio Teologico di Santa Croce: e il tema (“Il Dono: sorgente del vivere e del pensare”) potrebbe essere perfino la chiave concettuale della vicenda, assai illuminante circa il verso che prende l’Italia di Renzi. Nulla si è detto finora della mostra, della quale il Fatto si è già occupato quando fu annunciata: si tratta del tentativo di far dimenticare la fallimentare e tragicomica caccia all’inesistente Leonardo della Battaglia di Anghiari ospitando nello stesso Salone dei Cinquecento un confronto tra Michelangelo e Jackson Pollock. Sì, avete capito bene: appoggiandosi sul fatto che Pollock da giovane ha copiato qualche opera di Michelangelo (come è capitato a ogni artista da cinque secoli in qua), si è deciso di stupire i borghesi appaiando ai marmi del Buonarroti le gocciolature del pittore americano. Purissimo marketing, dal valore culturale prossimo allo zero. Un dettaglio.

Il Fatto Quotidiano, 19 marzo 2014