“I cornetti sono finiti”
“Quanto prendi?”, si informa l’astuto politico contattando un’altra prostituta. “Parto da 70. Completo di c… cento. Con calma, il p. te lo faccio scoperto se ti fa piacere”. L’assessore fuori dalla grazia di dio: “Se mi libero ti vengo a trovare”. È un telefonare continuo, compulsivo. Gli sms volano. È il 18 luglio 2013, il sole arroventa la piazza di Catanzaro, in piena controra, l’assessore tormenta il cellulare. Gli agenti della Digos annotano ben otto sms mandati a una prostituta. “Mi eccito al solo pensare il tuo magnifico corpo. Mi sto toccando”. E ci fermiamo qui per decenza. “Tesoro – è la risposta – mi sono arrivate le mie cose, se vuoi vieni lo stesso. Ti aspetto”. Con altre due prostitute che ricevono in un appartamento a pochi passi da un bar, il nostro si mostra servizievole. Le ragazze chiedono cappuccini e cornetti. Il bar è sprovvisto. L’assessore rimedia subito: “I cornetti non ci sono, ti prendo altre due pastette”. Una vera specialità della casa nel centrodestra di governo a Catanzaro: la pastetta. Una classe politica vorace, famelica, volgare, si sta mangiando la città, la sua edilizia, le sue residue possibilità di sviluppo. Tutto è favore. Un posto al Comune, una licenza di commercio.
Finanche le multe sono riservate solo ai “cittadini normali”. Per il resto, gli amici degli amici sono salvi. Vengono cancellate. E quando non è possibile farlo, è lo stesso tenente colonnello comandante del Corpo a occuparsi del ricorso. È il quadro desolante che emerge da un filone dell’inchiesta del pm Gerardo Dominijanni su brogli elettorali e compravendita di voti alle ultime elezioni comunali. Il magistrato è “stucazzu di Dominijanni”, uno che presto andrà via da Catanzaro, dicono sicuri alcuni politici per telefono. I carabinieri sono tutti una manica di “frocioni”. Vanno così le cose a Catanzaro, città roccaforte del governatore della Calabria Peppe Scopelliti. C’è un ingegnere nominato a un livello molto alto che deve favorire un architetto amico dell’assessore Lomonaco. Esegue gli ordini perché “Massimeddu è un portento”. Un altro assessore, Stefania Lo Giudice, lavora per una lottizzazione a favore di amici suoi, i fratelli T., manda un sms esplicito al collega Lomonaco: “Se permetti faccio politica e i fratelli T. sono miei elettori”. E poi c’è il sottopasso da 800 mila euro, opera inutile ma fruttuosa, da affidare a un altro tecnico amico. Ma il clou sono le lottizzazioni, terreni da edificare, parti del territorio della città e del suo litorale da cementificare. Parlando con un amico, Lomonaco sparge consigli: “Ci dobbiamo inserire, terreni, cose, li compriamo…”. Un imprenditore che con la sua candidatura ha favorito l’ascesa di Abramo a sindaco e la vittoria del centrodestra, si lamenta per i soldi spesi in campagna elettorale. Deve rientrare, avere qualche incarico. Lomonaco inflessibile: “Sarà nostro dovere politico e morale”. Anche le multe servivano alla miserabile catena clientelare della malapolitica catanzarese. Gli assessori e l’onorevole assessore regionale Mimmo Tallini, un passato remoto da missino, uno prossimo da seguace di Clemente Mastella, ora con Forza Italia, ordinavano e il tenente colonnello eseguiva. Ma il più felice di tutti è l’assessore Lomonaco quando ottiene la delega al personale: “Così, zitto zitto sistemiamo le cose degli amici”. Funziona così nella sfortunata terra di Calabria. A Catanzaro è scandalo, Reggio è commissariata dall’antimafia, a Cosenza scricchiola il potere dei fratelli Gentile. Scopelliti trema. Tra pochi giorni un Tribunale emetterà la sentenza sul caso Fallara. Il pm ha chiesto cinque anni. Se condannato dovrà lasciare la poltrona di governatore e fuggire in Europa.
di Enrico Fierro e Lucio Musolino