I settimanali giapponesi shukanshi, sono una miniera di informazioni. Spesso sono gli unici a dare informazioni precise e dettagliate sul mondo politico (con articoli scritti sotto pseudonimo da giornalisti dei quotidiani mainstream, che non possono scriverle sui loro giornali), e altrettanto spesso offrono squarci della realtà sociale sconosciuti e inaspettati. Di recente una di queste riviste, Josei7, ha affrontato il tema della terza età “dal lato delle donne”, svelandoci un fenomeno da tempo in corso ma che solo ora comincia ad affiorare in tutta la sua “sovversiva” potenzialità. Un fenomeno che possiamo dividere in due parti: l’aumento dei divorzi – in gran parte su iniziativa delle donne – in età “avanzata” (cioè a cavallo o subito dopo la pensione, e spesso dopo molti anni di convivenza) e l’emergere della categoria delle “vedove felici”. Un vero e proprio esercito di signore che, dopo una vita di sacrifici e rinunce, e spesso di violenze di vario genere, riscoprono, dopo la morte del “marito-padrone”, la gioia di uscire, viaggiare, comprare. Insomma, di “vivere”.
Tutto nasce, sostiene la rivista, dal 2005, quando in piena era Koizumi – uno dei premier più “attivi” e longevi del dopoguerra – l’allora ministro per le Pari opportunità, Kuniko Inoguchi fece approvare non senza difficoltà un “pacchetto rosa” all’interno del quale c’era una disposizione davvero rivoluzionaria. In caso di divorzio post pensionamento, il coniuge “non protetto” (che in Giappone nella stragrande maggioranza dei casi è sempre la donna) avrebbe avuto diritto, a prescindere da eventuali responsabilità/addebiti, al 50% della pensione. All’inizio la nuova disposizione – poco amplificata dalla stampa – non produsse, come ci si poteva forse aspettare, un’ondata di divorzi. Ma le cose in Giappone si muovono, ancorché lentamente. E oggi, statistiche alla mano, ci si può rendere conto di quanto siano cambiate. Un dato, in particolare, salta agli occhi: nel già poderoso aumento dei divorzi in generale (uno ogni due minuti, nel 2013, nel 2005 era uno ogni 5 minuti…) la fascia d’età che ha subito la più consistente accelerazione è quella che va tra i 50 e 70 anni. Con una media di convivenza – evidentemente non particolarmente felice – di oltre 20 anni. “Non mi ero accorto di niente – racconta un dirigente di azienda alla rivista – improvvisamente, qualche giorno dopo aver celebrato l’entrata in pensione, mia moglie mi ha servito il tè e mi ha consegnato una busta: questo è l’ultimo tè che ti servo, mi ha detto, lì ci sono le carte per la separazione consensuale, se sei d’accordo firmale, altrimenti saremo costretti a spendere soldi per l’avvocato e perdere un sacco di tempo. Vedi tu. E se ne andata. Aveva già portato via quasi tutto, non mi ero accorto di nulla. Non l’ho più vista. Lei ora ha aperto un negozio e gira il mondo con le sue amiche. Io sono solo come un cane e non vedo l’ora di morire”. Una testimonianza cruda, per certi versi agghiacciante, ma che affronta e denuncia i vari aspetti di questo fenomeno. Che la richiesta di divorzio arrivi all’improvviso e che la donna abbia già “organizzato” preventivamente la logistica del “trasloco” è infatti la norma.
In Giappone, un appartamento si trova facilmente e grazie alla metà della pensione comunque garantita le donne non rischiano lunghe discussioni e magari litigi: in cambio di una separazione tranquilla, soprattutto se non ci sono problemi di figli, preferiscono andarsene loro e lasciare la casa “coniugale” comunque al marito. Una volta divorziate, le donne giapponesi riscoprono la vita. Indipendenti economicamente – oltre alla metà della pensione hanno a disposizione i sostanziosi risparmi effettuati nel corso della vita, spesso allinsaputa dell’uomo, e che ovviamente si portano via con sé – si iscrivono a corsi di lingua e di qualsiasi altro tipo, aprono piccole attività commerciali, fondano associazioni e movimenti. Ma soprattutto, viaggiano. Tutte le agenzie di viaggio, grandi e piccine, hanno un settore dedicato alla “terza età” e alcune in particolare alle “silver ladies”, acronimo che indica le “signore d’argento” ovvero le neo-single. Una libertà ritrovata che riscoprono anche le vedove (più che i vedovi).
La rivista in questione pubblica un sondaggio: il 72% delle vedove intervistate si dichiara, onestamente, “felice”. La scomparsa del coniuge mette infatti fine ad una sorta di prigione sociale dove le donne, anche se la relazione è tutto sommato soddisfacente, sono di fatto rinchiuse, in una società dove i ruoli sono ancora rigorosamente divisi e dove non esiste o quasi una vita sociale di coppia. I giapponesi infatti preferiscono – o meglio, debbono ancora passare la maggior parte delle serate libere, i week-end e a volte perfino le vacanze assieme ai colleghi di lavoro, anziché in famiglia. “Sono stata una moglie onesta e fedele – rivela una tale Yumi, 51 anni alla rivista – rinunciando a tutto per amore e rispetto di mio marito e dei nostri due figli. Ma poi lui è morto, e dopo aver fatto tutto quello che c’era da fare ho pensato fosse inutile continuare a fingere. Ho aspettato che i ragazzi finissero la scuola e poi ho aperto un night club. Ora sono davvero felice. Posso fare quello che mi pare quando mi pare”. “Conosco molte vedove – confida tale Ryoko Ozawa, 76 anni – non ce ne una che se la passi male, che sia triste ed inconsolabile. Sono tutte felici e spensierate”. Mors tua vita mea, insomma, e bando alle ipocrisie sociali che anche in Giappone, specie nelle piccole città, imporrebbero un atteggiamento triste e sconsolato.
Le “donne d’argento” e le vedove felici sono una fetta del mercato talmente interessante che è verso di loro che sono nati tutta una serie di servizi mirati ed esclusivi. Oltre ai viaggi organizzati, ai corsi, alle offerte di investimento, la rete giapponese pullula di annunci di “host club” – locali dove sono giovani uomini a “intrattenere” le donne e di iniziative commerciali “per sole donne”. Già, perché le donne, se lasciate libere di organizzarsi e con un minimo di disponibilità finanziaria, sono sicuramente più in gamba degli uomini. Nessuna remora, inoltre, nel rifarsi una vita. Anche se difficilmente ci si risposa o si passa ad una nuova convivenza. La libertà appena (ri)conquistata è troppo preziosa: un conto è divertirsi, soddisfare le proprie esigenze sessuali e/o semplicemente affettive, un conto e rimetter su casa assieme ad un uomo. “Sono stata sposata 25 anni e ho perso mio marito 10 anni fa – confida una signora di 60 anni – fino ad allora, era stato l’unico uomo della mia vita. Gli volevo bene, ma era una vita noiosa. Da qualche tempo ho conosciuto uno più giovane di me di 10 anni… ci vediamo spesso, passiamo i week end assieme. E per la prima volta apprezzo i piaceri del sesso. Ma non ho nessuna intenzione di convivere. Mai più”.
Curioso. Mentre i giovani sono sempre più disinteressati al sesso – secondo un’inchiesta governativa il 45% delle donne giapponesi all’apice dell’eta riproduttiva (16-24 anni) non sono interessate al sesso, mentre aumenta, per entrambi i sessi il ricorso al sesso solitario – la “terza età” lo riscopre. Un altro elemento, un altro spunto di riflessione su una società che già di per sé sconosciuta o comunque di difficile decifrazione sta rapidamente trasformandosi in qualcosa di profondamente diverso da quello che era, come giustamente osserva lo studioso Nicolas Eberstadt “Il Giappone è in procinto di subire una trasformazione demografica più radicale di quella in atto in Germania e in altri paesi nelle stesse condizioni, fra cui l’Italia”. Un paese di single, insomma. In via di estinzione?