“Una cosa è stare sul mercato, una cosa è una scelta politica. Lo Stato può fare quello che desidera, sconterà che una buona parte di manager vada via. Questo lo deve mettere in conto”. Così Mauro Moretti, amministratore delegato del gruppo Fs. La domanda riguardava l’ipotesi che il governo Renzi riducesse il tetto dello stipendio dei manager delle grandi partecipate pubbliche. Ma lo stesso Moretti lascia intendere che se questa ipotesi si realizzasse potrebbe lasciare il gruppo ferroviario.
Consideriamo la situazione. Intanto si tratta di un annuncio di Renzi, che ne ha fatti molti, non di qualcosa di certo. Dall’annuncio alla sua realizzazione pratica abbiamo visto che di tempo e di emendamenti ne passano parecchi. Renzi comunque ha rassicurato Moretti: quando verrà edotto della ratio del provvedimento, anche lui sarà d’accordo. Speriamo davvero che il miracolo avvenga.
Secondo argomento di interesse: Moretti è un italiano e, in una situazione in cui l’Italia va a picco e con uno stipendio che di certo gli garantisce i beni di prima necessità (più di 800.000 euro), dice tranquillamente che se gli tagliano lo stipendio andrà all’estero, cioè dove gli stipendi sono compatibili col mercato. Insomma, so che uso un concetto desueto, ma è davvero un bella dimostrazione di patriottismo. Da ciò che dice, si evince che Moretti fa quello che fa per passione personale e per contribuire con il suo bagaglio di esperienza alla crescita del sistema Italia. In tempi duri come questi, parole che confortano il cuore.
L’altra cosa interessante è l’uso della parola Mercato. Almeno dagli anni Ottanta, il Mercato è il Reale, cioè quella forza opaca e vischiosa contro cui ci scontriamo e che ci determina. Il Mercato è la verità. Ovviamente il Mercato non esiste, è ciò che noi pensiamo che sia. Ma le scelte impopolari, le scelte non etiche, le scelte che stridono contro qualunque principio di buon senso, vengono prese in nome del Mercato. Che è una finzione più o meno ideologicamente ricostruita. Non si tratta quindi di Reale contro Ideologia. Ma di Ideologia contro Ideologia. Insomma, un argomento inesistente. Diciamo di più, il solito argomento inesistente che si usa per giustificare qualcosa che urta un elementare sentimento morale.
Voglio concludere citando l’articolo del Fatto sui risultati dei manager nostrani. Rimanendo nel solo ambito delle ferrovie, il bilancio non è confortante: “Alle Ferrovie, Giancarlo Cimoli, classe 1939, piazzato dal governo Prodi nel 1996 a risanare il gruppo dopo l’era di tangentopoli e di Lorenzo Necci, va via nel 2004 intascando un assegno di addio da 6,7 milioni di euro e lasciando i conti in rosso per 125 milioni. Un buco che per il governo Berlusconi vale la poltrona della claudicante Alitalia dove, pur arrivando decisamente lontano dagli obiettivi di risanamento, Cimoli incassa un’altra buonuscita. Da 3 milioni. Peggio di lui, in termini di risultato di gestione, fa il suo successore alle Ferrovie, il 66enne Elio Catania, che nel 2005 chiude il bilancio delle Fs in negativo per 465 milioni. Si dimette l’anno successivo quando il rosso ha ormai raggiunto e superato quota 2 miliardi su richiesta del Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa. Ma anche lui, come Cimoli, intasca una buonuscita (7 milioni) inversamente proporzionale ai risultati ottenuti e pochi mesi dopo viene scelto da Letizia Moratti per la presidenza dell’azienda municipalizzata dei trasporti milanesi, Atm, incarico che è stato revocato l’estate scorsa dal sindaco Giuliano Pisapia”.
Insomma, se anche i manager se ne andassero dall’Italia non sarebbe poi un gran danno, sono sicuro che ne troveremmo altri, altrettanto preparati e magari un pelo, ma dico solo un pelo, più interessati al bene comune.