Mehr licht!”. “Più luce!”
Pare che proprio queste siano state le ultime parole di Goethe, prima di morire. Chissá, forse voleva solo che scostassero un po’ una tenda…Ma senz’altro la suggestione di chi, vicino alla fine, chiede luce, è pungente.
Mi interroga con insistenza. Ci aveva rammentato Ugo Foscolo nei Sepolcri: “Gli occhi dell’uom cercan, morendo, il sole”. Però mi vedo alle sette del mattino, con i minuti che mi rotolano addosso come sassi, mentre scalo un terreno franoso. Mi vedo gridare: “Finisci quel latte, sbrigati!”.
“È taaaardi!!” . Vedo lo sguardo assonnato e stranito dei miei bambini che, evidentemente, non hanno come prima preoccupazione il traffico indiavolato delle ore di punta.
Che brutta persona sono diventata?!! Mi ricordo quando, leggendo “Il silenzio del mare ”, il meraviglioso libro di Vercors, avevo riflettuto e fantasticato su un’immagine.
C’è una sorta di cerchio di luce che alcune persone sanno creare intorno a coloro che amano. Persone che ti regalano e ti spingono a qualcosa di bello, con il loro solo esserci. Ricordo di aver promesso a me stessa di provare ad essere così. Ricordo perfettamente che tutto quello che non volevo era diventare una massaia urlante e spesso imbestialita. Ricordo di come speravo che una famiglia potesse essere un’ottima opportunità per provarci. Per coltivare dentro di me il buono di me stessa, per misurarmi con questa capacità di distillare tutto ciò che di meglio abbiamo, per le persone che amiamo.
Diventare prismi che moltiplicano i raggi intorno a sé, non in una finzione posticcia, ma come a raccogliere tutta la luce che c’è. Prima che sia sera. Prima che sia tardi. Invece no. Mi ritrovo a sbraitare ogni mattina perché i bambini non facciano tardi a scuola.
Marco mi guarda perplesso. Sembra che se lo chieda anche lui, dall’alto dei suoi tre anni: come è potuto succedere?
il Fatto Quotidiano, 23 Marzo 2014