L’hooliganista “meno, meno, meno marocchini” che i supporter di Geert Wilders gridavano durante la conferenza stampa seguita all’annuncio del risultato elettorale alle amministrative olandesi della scorsa settimana non passerà come una pioggia estiva.
O come sempre passano le sparate di Wilders. Questa volta, il consolidato squadrismo verbale in giacca e cravatta dell’erede di Pim Fortuyn che nell’ultimo decennio ha provocato un terremoto senza precedenti nel sistema politico olandese, non ha funzionato; fino a ieri aveva sempre diviso, come il derby Ajax-Feyenoord, la popolazione in critici, indifferenti e sostenitori.
Questa volta no, nessuno ha alzato gli occhi al cielo sospirando “eccone un’altra, speriamo passi presto” e mai prima d’ora, ad una sparata di Wilders, era seguito l’abbandono di due parlamentari nazionali, un eurodeputato e cinque consiglieri comunali neoeletti. Wilders ha superato il segno e forse sancito l’inizio della sua fine politica: a giudicare dai sondaggi, pare che anche l’olandese medio che pure ha favorito, in passato, l’ascesa del partito razzista di Wilders ne abbia abbastanza; l’uscita infelice di mercoledi, è costata al Pvv ben 5 seggi. Cosa sta succedendo?
Chiunque segua la politica olandese da qualche anno, si sarà certamente accorto del lento ed inesorabile scivolamento di Gertje nell’abisso del radicalismo, travolto da una deriva politica che lo sta spingendo verso l’isolamento assoluto. Gli ex alleati del Vvd pretendono scuse pubbliche, la sinistra vorrebber un cordone sanitario, il direttore di Rtl, tv nazionale nota per il relativo pragmatismo, ha rotto l’equidistanza firmando il suo primo editoriale ‘contro’ un politico, dal titolo: “Vergogna Geert”
Sono lontani i tempi della formazione del Rutte I quando Wilders sfidò tutti, inclusa la Corona, che aveva posto un insolito – e ben fuori dal protocollo- veto assoluto alla presenza del Pvv nel governo: oggi le sparate razziste provocano solo sdegno. Una pagina Fb che promuove un’azione legale per portare (nuovamente) in tribunale Wilders ha già raccolto 100000 adesioni mentre il presentatore televisivo di origine marocchina, Ali B, ha schernito il politico chiedendo al suo pubblico se volesse “meno Wilders” e la rete si è scatenata con l’hashtag del giorno nei Paesi Bassi #BornHere tramite il quale giovani di origine marocchina hanno invaso la rete di selfies con il passaporto olandese in mano.
Quando l’emergenza era i “criminali bulgari” ecco la campagna contro gli immigrati dell’est ora invece si torna a puntare il dito contro i “marokkanen” ventilando il blocco dell’immigrazione ed il rimpatrio (con la perdita della cittadinanza olandese per coloro che commettono reati). Tutte cose già sentite ad intervalli regolari dal leader razzista ma questa volta gridate da un palco e proiettate dai canali nazionali olandesi nelle case di milioni di cittadini del Regno. Il “Minder, minder, minder marokkanen (meno, meno marocchini)” che la sua base dell’Aja scandiva e quel secco “lo faremo” in risposta sono stati la goccia che ha fatto traboccare quel vaso, pieno di odio e razzismo che in troppi fino ad oggi hanno tollerato in Olanda. A cominciare dal primo ministro Mark Rutte che nel 2010 ha sdoganato il Pvv accettandone l’appoggio esterno per la formazione del gabinetto più conservatore della storia olandese dal Dopoguerra fino alla stampa che ha offerto la platea mediatica, linfa vitale per la sopravvivenza del partito che non c’è.
La terribile sceneggiata di mercoledì potrebbe essere il sintomo che Wilders punti ad alzare il tiro per guadagnarsi nuovamente il primo posto nell’agenda politica del paese anche se l’impressione è che ormai la crociata anti-islam da sola, non abbia più la forza catalizzatrice di qualche anno fa.