Duecento commenti al mio pezzo sui bitcoin forniscono una magnifica occasione per spiegare come in realtà (non nei libri di testo o nei media) ci si orienta quando si formulano scelte o previsioni economiche.
Per riassumere i termini della questione, io al momento sono convinto che il bitcoin rimarrà un mezzo di scambio abbastanza utile per piccole transazioni (lecite o illecite) in rete (e possibilmente nel mondo reale), ma non soppianterà le monete convenzionali per grosse transazioni e tantomeno come riserva di valore (del resto come unità di conto finora si è rivelata troppo instabile). Affinché ciò avvenga si richiedono due condizioni che il bitcoin al momento non soddisfa e presumibilmente non soddisferà mai se il suo assetto non muta radicalmente (ad esempio se non viene regolato):
1) Il legame fisso ad un bene (o anche ad un servizio, per esempio un minuto di conversazione telefonica);
2) L’elemento immateriale costituito dalla fiducia nel potere di uno Stato (o altra istituzione stabile e duratura).
Molti dei commentatori, soprattutto di formazione ingegneristica, invece considerano il bitcoin l’alba di un nuovo sistema monetario indipendente dalle autorità statali e dalle istituzioni finanziarie. Come vedremo, la prima speranza potrebbe, in via del tutto ipotetica, materializzarsi: la seconda invece è una delle molteplici baggianate che attecchiscono nelle menti labili candeggiate via “webbe” da congreghe di imbonitori.
Numerosi commenti vantano le mirabolanti proprietà del software open source e la brillantezza di chi ha elaborato l’algoritmo che produce la critto-moneta. Nessuno nega cotanta genialità, ma non basta. Significa che il bitcoin non è falsificabile (cosa certo non banale), ma si tratta di un mero prerequisito per qualsiasi mezzo di scambio, non di una garanzia di successo.
Riassunta la questione, veniamo al punto chiave di questo post. Senza voler scomodare Darwin, nella vita (e a maggior ragione in economia e talora persino in guerra), alla lunga non prevale chi è più bravo, più forte e tantomeno chi è più intelligente. Prevale chi si adatta meglio alle condizioni che mutano. Cosa significa in pratica? Significa riconoscere gli errori. Per quanto io sia convinto della mia previsione (anzi proprio perché ne sono convinto mi espongo ad una vulnerabilità) devo individuare un test che mi faccia accorgere dell’eventuale sbaglio ed evitare conseguenze peggiori.
Per il bitcoin il mio test è graduale: il giorno in cui l’acquisto di un’autovettura verrà saldato in bitcoin si accenderà un campanello d’allarme. Il giorno in cui per l’acquisto di un’autovettura (nuova e non rubata) verrà concesso un prestito in bitcoin allora il mondo sarà in procinto di cambiare. Il giorno in cui venisse acquistato un immobile con un mutuo in bitcoin è probabile che il fenomeno può acquistare consistenza. Vorrà dire che la gente si fida del bitcoin e che quindi una moneta senza supporto di istituzioni pubbliche può effettivamente diffondersi. Per inciso, da ciò non conseguirebbe che le banche siano fuori gioco: i prestiti implicano l’esistenza di un sistema finanziario, magari alternativo a quello odierno, ma che comunque intermedia il risparmio in qualche forma.
Ma se il bitcoin superasse il test diventerebbe il dollaro del terzo millennio? Non è detto. Di critto-monete se ne possono creare a volontà, come già sta succedendo (a questo link o a quest’altro o a quest’altro ancora trovate le istruzioni in inglese per farne una con amici e parenti). Quindi si svilupperà una competizione tra critto-monete con tutto il codazzo di tassi di cambi e di siti di scambio (un tripudio per quelli con il pallino del trading). Nella rete il pioniere non sempre vince. Tutt’altro. Oggi ad esempio MySpace è un flebile ricordo, mentre domina Facebook. Quanti hanno idea di cosa abbiano rappresentato Mosaic o Netscape? Eppure hanno rivoluzionato internet (che esisteva da molti anni, ma ignota al grande pubblico) ma hanno capitolato di fronte ad Explorer.
Qualora da una critto-moneta evolvesse un ecosistema in cui si fanno profitti leciti, non mi sorprenderei se, dopo aver lasciato giocare i pargoli, i pesi massimi salissero sul ring. Colossi tipo Google, Microsoft o Facebook avranno già posizionato le narici per fiutare il momento giusto (se mai dovesse arrivare). O forse toccherà ad una società che adesso non esiste nemmeno, ma che fra tre anni sarà sulla cresta del Nasdaq. I colossi, anche se partiti in ritardo, avrebbero un vantaggio fondamentale sugli apripista. Ad esempio se il Googlecoin (in onore del nome verrà emesso in quantità pari ad una cifra seguita da un milione di zeri?) venisse accettato per il pagamento dei Google ads si creerebbe un’àncora di valore. Oppure potrebbe essere una società elettrica ad accettare il pagamento, magari parziale, della bolletta in Enelcoin. O magari potrebbe essere una combinazione se Enel e Google si mettessero d’accordo su un tasso di cambio fisso tra kilowattora e byte di Google ad.
In sostanza nel momento in cui il mezzo di scambio dimostrasse il potenziale per costituire una vera moneta, è alquanto improbabile che si realizzerebbe l’Arcadia anarco-libertaria romanticamente vagheggiata dai creduli. Anzi a quel punto le autorità difficilmente lascerebbero le briglie sciolte, non fosse altro perché al primo problema su vasta scala sarà il pubblico, aizzato dai politicanti, ad invocare provvedimenti.