L'ex titolare del dicastero all'integrazione e la deputata del Pd Sandra Zampa hanno tenuto una conferenza stampa nella quale hanno annunciato la loro contrarietà alla riapertura delle strutture di Modena e Bologna: "Rivedere il pacchetto sicurezza e la legge Bossi-Fini"
Duecento milioni solo nel 2012, per meno di 8000 migranti trattenuti. È la spesa sostenuta dallo Stato per gestire, mantenere e ristrutturare i Cie, i centri di identificazione ed espulsione distribuiti da nord a sud in tutta Italia. Cifra alla quale vanno aggiunti i soldi usati per i rimpatri. A puntare il dito sui costi del sistema Cie è l’ex ministro dell’integrazione Cecile Kyenge, che da Bologna è tornata a chiedere al governo la chiusura definitiva di tutte le strutture, quelle ancora operative e quelle invece momentaneamente vuote, come il centro bolognese di via Mattei. “Il costo è eccessivo e inutile, bisogna riflettere e trovare altri strumenti”.
Secondo la deputata Pd i numeri certificano un fallimento. E per questo servirebbe ripensare le normative in materia di immigrazione. “I risultati sono scarsi, rispetto agli obiettivi fissati” ha sottolineato. “Bisogna rivedere il pacchetto sicurezza e la legge Bossi-Fini. Trovare delle alternative alla detenzione. È un tema che riguarda i diritti umani e che deve tornare centrale anche a livello europeo”. Il punto di partenza dovrebbe essere proprio la chiusura dei Cie, compreso quello di Bologna, la cui attività al momento è sospesa. “In tutta Italia si sta andando in questa direzione. E allora perché tornare indietro quando si può applicare un approccio diverso?”. E non è solo una questione economica, ma anche umanitaria: “Molti stranieri sono dentro perché hanno perso il lavoro, spesso a causa della crisi”.
Insieme a Kyenge nel fronte anti-Cie la deputata del Pd, Sandra Zampa, anche lei a Bologna sostenere l’appello contro la riapertura del centro di via Mattei. “Nel 2009, il tempo di permanenza massimo nei Cie è salito da 60 giorni a 18 mesi” ha ricordato la parlamentare, snocciolando poi alcuni dati della polizia. “Nel 2012 i migranti trattenuti nei centri d’identificazione ed espulsione sono stati in tutto 7994. E nel dettaglio: 7012 uomini e 932 donne, queste ultime quasi tutte vittime di tratta. Di questi però solo la metà, ossia 4015 persone, sono stati effettivamente rimpatriati, con un tasso d’efficacia di poco superiore al 50%. Rispetto al 2010, il rapporto tra migranti rimpatriati rispetto al totale dei trattenuti nei centri è salito di appena il 2,3%, mentre nel 2011 è stato irrilevante, ossia +0,3%. All’inefficacia del sistema va collegato un aumento dei costi, lievitati negli ultimi anni”.
Non è un caso che la battaglia contro i Cie trovi proprio in Emilia un terreno fertile. Le strutture di Modena e Bologna, infatti, sono state tra le prime a finire nella bufera e a essere chiuse su ordine delle prefetture. Nel mirino la gestione del consorzio Oasi, l’ente che nel 2012 si era aggiudicato la gara al massimo ribasso per entrambi i centri. A Bologna il prefetto Angelo Tranfaglia ha revocato l’incarico dopo pochi mesi di gestione, per “non aver rispettato i termini del capitolato d’appalto”. Stesso destino a Modena, dove la finanza ha denunciato i gestori dell’Oasi per frode nell’utilizzo delle forniture pubbliche. A pagare le conseguenze anche i lavoratori, sia di Modena, sia di Bologna, per mesi alle prese con ritardi nei pagamenti e buste paga mai arrivate.