Cornuti e mazziati. Non solo hanno interrato rifiuti tossici, inquinato terreni, avvelenato un quartiere, esportato in giro per l’Italia un know-how criminale che ha contribuito a creare l’Italia dei fuochi – come raccontano i verbali desecretati della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo di rifiuti – adesso passano anche all’incasso.
La grande discarica di Pianura sembra essere stata risucchiata dal tempo. Nessuno ricorda nulla. Sembra come non fosse mai esistita a Napoli. Il grande mostro c’è. Aperta negli anni ’50 e collocata nel cratere del vulcano degli Astroni, nei suoi 43 anni di attività può bene rappresentare l’evoluzione degli affari intorno alla gestione dei rifiuti fino alla fine degli anni ’90. Per ora dorme e nasconde nel suo ventre i miasmi e le reazioni chimiche tossiche di anni e anni di sversamenti illegali. Dal libro nero del passato piomba sul Comune di Napoli, guidato dal sindaco anomalo Luigi De Magistris, un macigno che veste i panni di una sentenza del Consiglio di Stato che sancisce e ordina a Palazzo San Giacomo il pagamento sull’unghia della somma di 18 milioni di euro. Una batosta. Un colpo sferrato sotto la cintola dell’Amministrazione e che vale un “ko”.
La sentenza è del 2011, dopo una lunghissima contesa giudiziaria. Con la delibera n. 966/2013 la Giunta propone di inserire la voce di spesa nel piano di riequilibrio, riconosce il debito fuori bilancio, articola una rateizzazione riassunta in un programma di pagamenti dal 2004 (10 milioni) al 2005 (8 milioni). Così si chiude il contenzioso con la Elektrica, impresa in liquidazione volontaria, colpita – tra l’altro – da interdittiva antimafia e figlia di quella Di. Fra. Bi di Francesco La Marca, Giorgio Di Francia, Salvatore Di Francia, Domenico La Marca, Pietro Gaeta che affonda le radici della propria storia nella storia dello sversatoio di Pianura.
La verità è che i “Signorotti della munnezza” non sono mai andati via da Napoli. Inchieste, indagini dell’antimafia, vicinanze pericolose ai clan, non sono bastati. Il contenzioso risale agli anni in cui la gestione dei rifiuti solidi urbani era affidata alla direzione della Nu del Municipio partenopeo. E’ la storia degli anni dei commissariamenti, privatizzazioni, esternalizzazioni dei servizi fino alle finte emergenze. Disastri su disastri che oltre ad essere ambientali sono anche amministrativi. La Elektrica ha gestito l’ultimo periodo di attività della discarica di Pianura occupandosi dello smaltimento dei rifiuti dal 1987 al 1994. Nel 1997, a fronte di un contratto di appalto, affidato in sede commissariale, viene avanzata, dalla società Elektrica, un’istanza di variazione che assommerà complessivamente a 22 miliardi di lire, il che comporta una variazione, sull’ammontare dell’intero appalto, pari a più del 20% del suo valore. Dalla resistenza del Comune di Napoli viene ad oggi la delibera di riconoscere il credito per una vicenda che, nei vari gradi di giudizio fino al Consiglio di Stato, si è svolta nell’ambito tecnico-amministrativo e non sul terreno politico.
Il denaro dei partenopei sarà incassato dalla Ubi Factor, società che ha acquistato – nel frattempo – il credito dalla Elektrica. Un papocchio che puzza da lontano. Poco c’entrano i rifiuti. Una “dote” milionaria accumulatasi con le precedenti Giunte comunali a partire da Antonio Bassolino fino a Rosa Russo Iervolino. All’epoca si decise di non decidere. Tanto è vero che nel 2004 il Consiglio di Stato censura l’operato del Comune e delega a Luigi Nocera (in quota Udeur) – all’epoca dei fatti – assessore all’Ambiente della Giunta Regionale campana diretta dallo stesso Bassolino (l’allora sindaco che non decise e censurato dal Consiglio di Stato) alla nomina di un commissario.
Una scelta giusta ma inappropriata visto che l’avvocato della società Elektrica era ed è Andrea Abbamonte, contemporaneamente membro (in quota Udeur) con delega al personale e alla sicurezza delle città della stessa Giunta regionale. Non è proprio un conflitto d’interesse ma una questione di opportunità e buon andamento della cosa pubblica. Se fai l’assessore non dovresti fare il legale di una società che ha rapporti e un contenzioso con la pubblica amministrazione. Di lì a poco, comunque, nel 2004, l’assessore all’Ambiente individua, fra il personale della Regione, un funzionario che si occuperà dell’esecuzione della sentenza. Il funzionario incaricato consegnerà due relazioni, in qualità di commissario ad acta, confermando il debito del Comune di Napoli nella cifra di 18 milioni di euro.
Nel 2006 il funzionario e commissario ad acta sarà nominato “Responsabile amministrativo” pro tempore “dell’Ente Parco Regionale del Bacino idrogeografico del fiume Sarno” con atto congiunto a firma dell’assessore all’Ambiente e dell’assessore al personale della Giunta Regionale Campana (entrambi si dimetteranno per vicende giudiziarie). Una storia che è contemporaneamente un paradosso visto che la sola bonifica di una parte della discarica, dove insieme ai rifiuti urbani finivano anche seppelliti veleni industriali e fanghi tossici provenienti dal Nord-Italia e dall’Acna di Cengio, costerà almeno oltre i tre milioni di euro. Nei fatti non è possibile nemmeno ipotizzare che l’esborso parziale o totale sia a carico di chi impunemente ha inquinato per anni cioè la società di gestione ovvero chi per suo conto ora incassa il credito dal Comune. Verrebbe da ridere, invece no, da piangere.
E pensare che nel 1995 il Prefetto ordinò che la stessa Di.Bi.Fra. disponesse un progetto di sistemazione ambientale dell’intera discarica. Lavori eseguiti ma significativamente difformi rispetto al progetto e non idonei. La relazione della Commissione parlamentare della XIII Legislatura è chiara: a pagina 25 spiega con chiarezza che tutti i rifiuti sversati illegalmente nella discarica di Pianura sono della società, Di.Bi.Fra o Elektrica, alla quale il Consiglio di Stato ha riconosciuto il cospicuo credito. Oltre al danno, la beffa. Appunto: Cornuti e mazziati. Domani questa grana sarà all’ordine del giorno del Consiglio comunale, saggezza imporrebbe al Municipio di sottrarsi al pagamento del credito, di impugnare la sentenza e battagliare presentando un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
Un dovere farlo per rispetto di chi a Pianura si è visto sterminare l’intera famiglia e per chi continua a morire.