social_streetSabato 22 marzo 2014 lo ricorderò sempre come uno dei giorni più emozionanti della mia vita. È stato il giorno in cui abbiamo presentato la rete delle quaranta social street bolognesi alla città.

Nelle prime interviste che rilasciavo alla stampa (ottobre dell’anno scorso, ndr) quando mi veniva chiesto quale fosse il mio desiderio per il futuro, rispondevo (senza crederci troppo) che sarebbe stato bello esportare il “modello” di Via Fondazza in tutta Bologna e trasformare la città nella prima Social street city d’Italia. Il 22 marzo 2014 abbiamo celebrato questo traguardo che non immaginavo concretamente realizzabile. Sono trascorsi sei mesi da quando timidamente, un po’ per scherzo, un po’ per sfida, attaccavo i volantini in strada per promuovere il gruppo “residenti in Via Fondazza Bologna Social street”. La sfida era vedere come le persone della strada, i miei vicini di casa, avrebbero reagito alla mia richiesta di socialità. Le mie aspettative sono state ampliamente superate.

A sei mesi dal lancio del Social street, sabato ci siamo trovati per celebrare un primo traguardo, la presentazione della rete delle social street. Abbiamo scelto come luogo l’acceleratore start up di Working Capital di Telecom recentemente inaugurato a Bologna. Social street, come è stato definito, è in effetti un “acceleratore di fiducia”, questo è il motore di tutto, lavorare sulla socialità disinteressata affinché si possano costruire rapporti di fiducia. Le varie social street si sono presentate alla città, hanno raccontato il loro percorso dalla creazione del gruppo facebook, all’organizzazione dei primi incontri di strada con i vicini, ai momenti di socialità ricreati ma anche dei primi piccoli/grandi progetti come ad esempio la gestione dei beni comuni, la possibilità di occuparsi della gestione dei giardini come la pulizia, piccoli orti, o semplicemente riappropiarsi di spazi comuni da togliere al degrado urbano.

Alla presentazione erano presenti anche le istituzioni comunali bolognesi alle quali abbiamo ribadito che il Social street non è un’associazione, non ha necessariamente bisogno di spazi o di fondi, ha già dimostrato che i cittadini possono autorganizzarsi. Quello che è importante è poter contare sulla collaborazione delle istituzioni affinché si possano facilitare certi percorsi burocratici in un’ottica di fiducia reciproca fra cittadini ed istituzioni, questa è la sfida per il futuro. Il Comune di Bologna si è già attivato in tal senso approvando un nuovo regolamento che consente proprio di facilitare la cittadinanza attiva, dobbiamo vedere se la burocrazia riuscirà comunque a tenere il passo dell’energia e proposte che i cittadini stanno facendo. Social street sta lavorando sulla rete sia bolognese ma anche nazionale.

Proprio lo stesso giorno sono intervenuto telefonicamente alla prima reunion delle Social street palermitane che stanno partendo attivamente in questi giorni. Nel frattempo ci stiamo occupando di seguire le social street che stanno nascendo all’estero, il Portogallo in primis che conta già una ventina di social street sparse per il tutto il paese e stiamo dialogando anche con Rio de Janeiro per vedere come riuscire ad esportare il modello “social street” anche in Brasile dove il tessuto sociale è completamente diverso da quello italiano.

Per noi oggi il Social street è un laboratorio di capitale sociale; noi per primi stiamo studiano questo fenomeno che sta dilagando. Come osserva il sociologo Castells, usualmente nelle città si sviluppano normalmente delle reti frammentarie spesso basate sull’identità etnica o sociale, Social street invece vuole unire sulla base della territorialità, escludendo tutto ciò che divide. Certo, è molto più facile creare comunità “contro” qualcosa, ma le comunità basate esclusivamente sull’emotività non ritengo abbiano un futuro. Forse la sfida più grande è trasformare le nostre città in piccole comunità dove gli abitanti si sentano parte integrante del territorio dove vivono, in fondo già Tocqueville diceva che è proprio l’individuo ad essere il peggior nemico del cittadino.

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