Le bombe e le intimidazioni contro i magistrati di Reggio Calabria, fatte esplodere nel 2010, scombussolarono i piani di Cosa Nostra che stava pensando di organizzare un attentato contro l’allora Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ritenuto dalla mafia il responsabile dell’inasprimento del regime carcerario del 41 bis.

La ricostruzione è stata fatta a Catanzaro dal pentito Luigi Rizza, sentito nel processo con rito abbreviato a carico di Luciano Lo Giudice, Antonio Cortese e Vincenzo Puntorieri, accusati il primo di essere stato il mandante e gli altri due gli esecutori delle bombe contro i magistrati reggini.

La lunga deposizione di Rizza ha avuto inizio con il racconto di una riunione, avvenuta nel 2009, alla quale parteciparono le famiglie siciliane di Cosa Nostra ed il boss latitante Matteo Messina Denaro. In quella circostanza fu deciso di dare corso ai preparativi per un’azione eclatante contro lo Stato. In particolare Cosa Nostra aveva in animo di compiere un attentato contro il ministro Alfano ed alcuni magistrati siciliani.

Al progetto della mafia, secondo il racconto di Rizza, aveva dato anche il placet la ‘ndrangheta, ma prima di avviare la fase organizzativa le famiglie di Cosa Nostra decisero di chiedere il via libera ai boss che erano detenuti. Rizza, infatti, mentre era detenuto nel carcere di Padova, avrebbe ricevuto alcuni messaggi da esponenti della famiglia Riina da portare ai boss detenuti. Proprio durante questa fase ci fu “l’esplosione – ha raccontato Rizza – della prima bomba contro la sede della Procura generale di Reggio Calabria. In quei giorni – ha aggiunto – ricordo che ci fu grande sorpresa perché nessuno di noi si aspettava una cosa del genere considerato che anche la ‘ndrangheta aveva dato il via libera”.

Le due bombe esplose a Reggio Calabria e l’intimidazione all’allora procuratore, Giuseppe Pignatone, oggi a Roma, con il ritrovamento di un bazooka a pochi metri dalla sede degli uffici giudiziari, scatenò una forte reazione da parte dello Stato. “E proprio quella reazione dello Stato – ha aggiunto Rizza – fece rallentare e poi naufragare l’ipotesi di attentato contro Alfano ed i magistrati siciliani”.

Dopo gli attentati a Reggio Calabria, Rizza incontrò in carcere il boss della ‘ndrangheta Luciano Lo Giudice, fratello del boss pentito Antonino, il quale gli riferì che “a far saltare le bombe erano stati proprio loro. Lo Giudice mi disse che lui voleva vendicarsi dei magistrati che lo avevano arrestato e di quelli che gli stavano per sequestrare i beni”. Al processo a carico di Lo Giudice, Cortese e Puntorieri si è giunti dopo le dichiarazioni di Antonino Lo Giudice, che si è autoaccusato di essere stato il mandante degli attentati del 2010 a Reggio.

Per la vicenda delle intimidazioni a Reggio Calabria, il boss e collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice è stato già condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione.

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