In questi giorni si moltiplicano i tentativi di cogliere Renzi in fallo, con relative polemiche: «Il 25 febbraio ha detto che entro 15 giorni avrebbe fatto un decreto per sboccare i debiti della pubblica amministrazione, poi l’ha rinviato a settembre», «Entro fine marzo doveva spiegare dove avrebbe trovato i soldi tagliare il cuneo fiscale e mettere i famosi 80 euro in più in busta paga. Siamo al 26 e ancora niente». Ovviamente c’è chi risponde: «Dagli tempo, è al governo da poco più di un mese», «Alle promesse di Berlusconi abbiamo creduto per anni, a Renzi non possiamo concedere nemmeno un piccolo rinvio?», «I soliti disfattisti», «Il solito fuoco amico», e via dicendo. La prima lista di promesse, con relativo countdown, è apparsa su Valigia Blu. Ieri Giovanni Floris ne ha mostrata un’altra a Ballarò:
C’è allora chi si chiede come mai Renzi, “bravo comunicatore” come tutti dicono, abbia fatto (e continui a fare) così tante promesse, con così tanta sicurezza e con date così ravvicinate. Non immagina quanto sia difficile mantenere promesse ambiziose in tempi così ristretti? È presuntuoso? Ingenuo? Superficiale? Provo a rispondere. Proprio perché Renzi è consapevole dell’enorme potere di alcune tecniche di comunicazione, specie se rinforzate dal sostegno dei media, sa che:
Accompagnare una promessa con una data è il modo migliore per far apparire la promessa precisa, concreta, e far sembrare chi la fa molto sicuro di sé e di ciò che promette. Un conto è dire: «Ti sposo», un altro è dire: «A settembre ti sposo».
Renzi non fa una sola promessa alla volta, ne fa due, tre, cinque, dieci, a raffica. In questo modo ottiene due effetti: da un lato conferma e rinforza l’immagine di velocità con cui è andato al governo; dall’altro è più facile che gli interlocutori si confondano e dimentichino i dettagli di ciascuna promessa, inclusa la data di scadenza.
Ostentare sicurezza è un buon metodo per risultare credibile: se qualcuno afferma qualcosa che appare enorme, esagerato non solo per lui ma per chiunque al posto suo, e però lo fa con grande energia, mostrando di esserne lui per primo convinto, è inevitabile pensare bah, ma nel frattempo dargli credito. È così sicuro di sé – vien da dire – chesaprà ben quel che fa. Ed è inevitabile concedergli più tempo di quel che lui stesso si è concesso. Se ha detto «entro un mese» e di mesi ne passano due o tre, si è più disposti a perdonarlo e continuare a dargli credito, specie se si mostra sempre convintissimo di ciò che fa.
Posto che ancora non sappiamo come andrà a finire – manterrà Renzi le promesse? Quante ne manterrà? – e dunque sospendo il giudizio, vorrei precisare cosa potrebbe smontare la miscela di quantità, velocità e sicurezza che Renzi ha messo in gioco. Bisognerebbe che i media facessero un fact checking pignolo e ossessivo a ripetizione, e cioè non una o due volte qua e là, ma una dieci cento mille volte. Bisognerebbe insomma che i media mettessero in atto una combinazione altrettanto forte di quantità, velocità e sicurezza nel verificare ciò che Renzi e il suo governo stanno facendo. Qualcosa che i media italiani non sono affatto abituati a fare. E Renzi lo sa. Perciò ci sono ottime probabilità che la tecnica del promettere-così-tante-cose-con-così-tanta-sicurezza possa mantenere la sua efficacia (e anzi accrescerla) per molto tempo. Basterà che ogni tanto Renzi ne mantenga una, di promessa. Magari piccolina, ma molto sbandierata. Molto.