Mario Di Staso, 43 anni, ha deciso di trasferirsi nell'isola portoghese, a due passi dall'Africa, con tutta la famiglia. "Fare il piccolo imprenditore mi dà adrenalina. Qui c'è uno stile di vita più rilassato e salutare"
Da farmacista di quarta generazione in un paesino pugliese a gelataio – e imprenditore della ristorazione – in un’isola dal clima quasi tropicale a due passi dall’Africa. La fuga all’estero di Mario Di Staso, 43 anni e originario di Vieste in provincia di Foggia, comincia con una vacanza. “Sono venuto qui con mia moglie nel 2008, quasi per caso – spiega Di Staso al tavolino di un bar del lungomare di Madeira, isola portoghese a poche centinaia di chilometri dal Marocco – Dovevamo andare in ferie a Malta, poi all’ultimo momento siamo stati obbligati a scegliere un’altra destinazione. Mi hanno proposto Madeira, ma l’unica cosa che sapevo dell’isola era solo che la principessa Sissi veniva qui in vacanza per curarsi dalla tubercolosi. Nient’altro”. Il resto, è la storia della sua seconda vita. “Siamo rimasti talmente affascinati da questo posto da volerci investire subito. Dopo tre giorni avevamo già comprato un appartamento”. Nel suo passato c’era la gestione della farmacia di famiglia a Vieste, dopo gli studi a Modena. Un’esperienza finita – “per motivi personali, abbiamo deciso di venderla” – e seguita da alcuni mesi di nuovo a Modena. “Lì cercai di avviare un’attività ma non ebbi successo”, ricorda.
Così, appunto, le vacanze a Madeira e un’illuminazione. “Era un giorno caldo, caldissimo. Una volta, scesi dalla funivia, cercavamo disperatamente un gelato. Ma non c’era ancora una gelateria italiana qui a Funchal, così ho deciso di buttarmi in questo business”. Una fuga all’estero sicuramente più agevole di quella di tanti altri italiani costretti a emigrare, come lui stesso ammette. E di fronte alla domanda se sia meglio fare il farmacista o il gelataio – professione imparata con alcuni corsi in Romagna – Di Staso non ha dubbi. “Ogni lavoro nobilita l’uomo e ha una sua valenza. Però una cosa è certa, fare il piccolo imprenditore ti dà una carica di adrenalina e una spinta che nessun altro lavoro ti dà. Ero talmente immerso nel mio lavoro che, per tre anni a partire dal 2009, non siamo nemmeno tornati in Italia. I miei due figli e mia moglie amano questo posto, dove ci sono tanti problemi ma dove hanno anche uno stile di vita molto più rilassato e salutare. Qui nessuno si scandalizza per il ritardo e nessuno ti fa pesare il tempo libero. Se chiedi a qualcuno un impegno di dieci minuti, sono disponibili a darti un’ora. Certo, ripeto, ci sono tanti problemi, è pur sempre il sud dell’Europa“. E anche sul lavoro ci sono differenze. “Ho dovuto insegnare ai miei otto dipendenti che io non ero un ‘padrone’ – racconta Di Staso -. Così mi chiamavano, nel loro linguaggio è insita questa concezione padronale del lavoro, quasi feudale“. Le persone, poi, tendono a essere più passive rispetto al lavoro e manca l’iniziativa. “Qui – dice – molti sono disoccupati e si accontentano di mangiare cavoli e patate invece di emigrare. Però, ripeto, è anche un’isola che ti consente di realizzare il tuo progetto di vita. Se avessi avuto la possibilità di lavorare in Italia, in passato, sarei anche forse tornato. Ora sto bene qui e ho tanti altri progetti in mente”.
Così, al momento, oltre alle tre gelaterie, Di Staso – che è uno dei 150 italiani attualmente residenti a Madeira – sta pensando di avviare altre attività. “Magari una parafarmacia per turisti, dove possano trovare rimedi contro il sole e le zanzare. Oppure, ancora, una collaborazione con l’Università di Modena per studiare le tante piante officinali che crescono spontanee su quest’isola baciata dalla natura. Qui crescono decine di arbusti dai quali è possibile ricavare principi attivi, mi sto attivando per avere dei fondi europei per la ricerca e la commercializzazione ed è quasi certo che avvieremo una borsa di studio per un ricercatore dell’università emiliana che vuole studiare le piante di Madeira”. Il legame con l’Italia, quindi, continua, “anche perché – prosegue – del mio Paese mi mancano molte cose, soprattutto sapori, odori e colori. Ma anche il fatto di poter prendere la macchina e andare a visitare una città d’arte, una cosa qui impensabile, per ovvi motivi. Però l’Italia è anche quel Paese da rifondare, dove ai giovani non viene data alcuna possibilità di realizzare il proprio sogno di vita. Io sono orgoglioso di essere italiano e meridionale, ma ora, devo essere sincero, non tornerei più. Qui ho trovato quello che volevo e che in Italia non avevo: la libertà di scegliere come vivere a pieno la mia esistenza”.