“Mi hanno fatto fuori, forse perché vogliono avere mano libera sull’opera”. L’archistar Massimiliano Fuksas, il padre de La Nuvola, il polo congressuale più grande d’Europa in costruzione nel quartiere Eur di Roma, è un fiume in piena. “Togliere la mia firma? Ci sto pensando, vedremo come proseguono i lavori, se la stravolgono, è possibile” dichiara ai microfoni de ilfattoquotidiano.it. L’azienda Eur Spa che si occupa dei lavori ha tolto all’architetto, uno dei più importanti al mondi, la direzione artistica per il 2014. “E’ stato ben pagato in questi sette anni, lavori gratis per l’ultimo anno” afferma il presidente dell’ente Pierlugi Borghini. “Non sarà mai pronta nel 2015, ci vorranno almeno quattro anni per fare gli interni, fare l’interno è complesso, l’azienda non è grado di farlo” aggiunge Fuksas. “Ribadisco: mi vogliono fuori per farla il prima possibile e male” è il suo attacco. E ancora: “Resterà ‘l’incompiuta’, in Italia si iniziano le opere senza soldi e man mano si cercano il denaro”. Un’opera magniloquente per la quale sono stati stanziati 276 milioni di euro. “Questa storia – rincara – finirà in tribunale come ogni cosa in Italia, ci sono stati troppi inghippi fin dall’inizio” afferma amareggiato. C’è la questione delle parcelle di 20 milioni di euro ricevuta da Fuksas negli anni, 15 milioni per il progetto e la direzione artistica dal 2008 al 2013 di 4,5 milioni, circa 500 mila euro l’anno: “Queste sono beghe da piccoli partitini, io posso dire di non aver mai preso una parcella da 20 milioni, il 50% va all’ingegneria, ci sono poi le tasse, uno studio come il mio costa, sa quanto vale il modellino alto 7 metri della Nuvola: 400 mila euro. Non dico che ci abbiamo perso, ma nemmeno guadagnato. In Italia sembra sempre che caschino dal pero”. “Inoltre sono uno dei pochi architetti noti che ha la residenza a Roma e paga le tasse in Italia – ci tiene a specificare – l’opera fino ad oggi è costata 180 milioni, non un euro di più di quello previsto sedici anni fa”. Eur Spa imputa i ritardi della consegna dell’opera alle varianti volute dall’architetto. “Io non ho cambiato nulla – afferma con forza invece Fuksas – non sono le mie stramberie che hanno allungato i tempi, volevano delle cucine in un’area deposito, sapevo che il cambiamento d’uso avrebbe comportato anni di attesa prima dell’approvazione, ma ho firmato perché volevo che il progetto andasse avanti, hanno voluto ritardare i lavori”. “E’ facile scaricare la colpa su Fuksas, ma io vado avanti con il mio lavoro all’estero, mi dispiace soltanto avere perso tempo e soldi dietro questo progetto” dice rammaricato. L’archistar alla fine si auspica un intervento da parte del premier Matteo Renzi (Pd): “Ci vorrebbe un commissario governativo. E’ un bene dello Stato” di Irene Buscemi e Paolo Dimalio (immagini esterne dell’opera di Elisa Fuksas)