Trentasei pagine di sentenza per motivare il “no” al referendum sull’indipendenza della Catalogna.
Le hanno scritte i 12 giudici del Tribunale Costituzionale spagnolo accogliendo il ricorso presentato dal governo del premier Mariano Rajoy per il tramite dell’avvocatura dello Stato. Oggetto dell’impugnazione dell’esecutivo di Madrid era la Risoluzione 5/X adottata dal Parlamento catalano il 23 gennaio del 2013, atto politico rubricato come “Dichiarazione di sovranità e del diritto a decidere del popolo di Catalogna”. Un titolo ambizioso che racchiude aspirazioni politiche antiche, avvertite con forza d’urto perfino dirompente negli ultimi anni. Lo scorso 11 settembre, giorno della Diada, la festa che commemora la caduta di Barcellona del 1714 per mano dei Borboni, un’onda di un milione e mezzo di persone invase le strade della regione per rivendicare l’indipendenza dalla Spagna.
Le trentasei pagine della sentenza sembrano sedare, per ora, quegli aneliti.
Il tribunale ha ritenuto che la Risoluzione poteva impugnarsi perché “atto sì politico ma capace di produrre effetti giuridici”. Dichiarare la sovranità del popolo catalano – ha sostenuto l’Alta Corte – è atto suscettibile di produrre effetti giuridici, come pure asserire che “si dà inizio al processo per l’esercizio del diritto a decidere” si traduce nell’avvio di attività concrete che possono sottoporsi al controllo giurisdizionale.
In parole povere, i dodici giudici costituzionali hanno determinato che il popolo catalano non è titolare di un potere sovrano, riconoscendo la sovranità all’intero popolo spagnolo.
Il “frazionamento” della sovranità è contrario ai principi di indissolubile unità fissati dagli articoli 1 e 2 della Costituzione spagnola.
I precedenti in materia, in verità, non erano incoraggianti: nel giugno del 2008 il governo dei Paesi Baschi, dove è da sempre forte lo scontro sul terreno del nazionalismo, indisse un referendum non vincolante sull’autodeterminazione. Anche in quel caso la consultazione fu bocciata, pochi mesi dopo, dal Tribunale Costituzionale il quale rilevò che in elezioni significative al punto da toccare l’integrità territoriale della nazione, il diritto di voto andrebbe riconosciuto all’intero corpo elettorale spagnolo.
Si vedrà nei prossimi giorni se le formule del diritto piegheranno gli impulsi indipendentisti di larghi strati della società catalana, o se i partiti separatisti, Convergencia i Union del presidente della regione autonoma Artur Mas ed Esquerra Republicana, vorranno cogliere il suggerimento dell’Alta Corte di avanzare proposte di riforma costituzionale per conseguire le loro ambiziose mire politiche.