“Everything that happens at the oil field is Lukoil’s responsability”
Tatyana Khimichu, Usinsk, Russia
città martoriata dalle trivelle e dagli oleodotti Lukoil
Il Sole 24 ore del 13 marzo 2014 riporta che il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, ha incontrato i vertici della Isab, società che gestisce la raffineria di Priolo, in provincia di Siracusa, e che è interamente controllata dai russi della Lukoil.
L’incontro era per parlare di possibili investimenti per modernizzare la raffineria. A questo scopo il presidente Vagit Alekperov ha promesso che “investirà” 1,5 miliardi di euro. La Lukoil è però un po’ riluttante perché servirebbero “condizioni istituzionali e territoriali” e un “mutamento nello scenario economico” e la “certezza del diritto”.
Ci si lamenta dei tempi delle autorizzazioni e si chiedono garanzie.
Beh, diciamo che in Russia c’è una città intera, Usinsk, nella repubblica di Komi, dove conoscono bene questa Lukoil, perché ha praticamente inquinato tutto quello che c’era da inquinare.
Siamo a 40 chilometri a sud del Circolo Polare Artico e siamo nel 1994, quando uno dei tanti oleodotti – non proprio di fresca posatura – rilasciò fra le nevi circa 300 milioni di galloni di petrolio. Fanno 1 miliardo e duecentomila litri circa. L’oleodotto era della Lukoil.
Morì tutto quello che poteva morire – animali, pesci, vegetazione. Due fiumi vennero inquinati per un tratto di quasi 40 chilometri. Ci si poteva navigare sul petrolio. L’anno dopo il tasso di incidenza di malattie respiratorie aumentò del 28 per cento. Settecentocinquanta ettari di terra vennero inquinati e Komi finì nel Guinness Book of Records.
Le operazioni di pulizia durarono a lungo e ancora adesso se ne sentono le conseguenze. Ma non c’è solo lo scoppio del 1994.
Alla fine del 2006 a Van-pi un altro scoppio sempre della Lukoil fra le nevi russe, la portata del quale fu “grandemente esagerata” secondo la Lukoil. Come se un po’ meno petrolio fra le nevi potesse essere cosa accettabile!
Secondo un reportage del 2006 del NYTimes, i residenti parlano di “ghiaccio nero” nei fiumi, con la Lukoil che trivella in un parco nazionale e tundra che è ancora contaminata dal riversamento del 1994.
Nel 2012 furono responsabili dello sversamento di circa duemila tonnellate di petrolio dal campo Trebs, operato in congiunzione con la Bashneft. Il riversamento durò per due giorni.
Qui ancora nel 2013 dicono che non sono stati loro ad inquinare il fiume Kolva di petrolio e che chi dice il contrario sarà perseguito legalmente. Dicono che stavano facendo di tutto per “limitare gli scarti” nel fiume durante la primavera.
Dulcis in fundo, a gennaio del 2014 la Lukoil ha ricevuto la più grande multa mai data nella storia della Russia per inquinamento ambientale da petrolio: 18,5 milioni di dollari per nove riversamenti di petrolio nella repubblica di Komi nel 2011. Gli sversamenti coprirono circa 20 ettari di terreno. Può bastare?
Poche persone vedono e sanno cosa accade in una località così remota come l’Artico e così, oltre agli scoppi più o meno vistosi, c’è l’inquinamento quotidiano che fa si che in tutta Usinsk tutta la vita – umana e animale e vegetale – sia al petrolio.
L’infrastruttura non è stata aggiornata – né ai tempi del comunismo, né adesso – e così ci sono perdite continue che nessuno pulisce, da pozzi attivi, da pozzi abbandonati, da oleodotti. All’apparenza è ovviamente tutto meno drammatico di quello che accadde nel Golfo del Messico, per esempio, ma è tutto continuato nel tempo, da decenni e decenni e gli effetti cumulativi sono terrificanti, soprattutto considerato che le temperature gelide di -40 gradi Celsius rendono l’infrastruttura più fragile.
Il quantitativo di petrolio disperso nell’ambiente russo è maggiore che in qualsiasi altra parte del mondo, inclusa la Nigeria. Secondo Greenpeace, sono 5 milioni di tonnellate all’anno che finiscono nell’ambiente, su 500 milioni di tonnellate l’anno. Circa l’uno percento. Ovviamente sono stime per difetto: chissà quante altre perdite ci sono che nessuno riporta alle autorità per evitare problemi, visto che a volte gli unici ad accorgersi di queste perdite “minori” sono i petrolieri stessi.
Chissà se Rosario Crocetta ha mai sentito parlare di Usinsk. Chissà se a Priolo oltre a tutte queste garanzie che chiede la Lukoil, Crocetta ha anche chiesto qualche garanzia affinché Priolo non diventi una nuova Usinsk.
Qui le devastanti foto del disastro ambientale di Usinsk, Russia.