E’ stato condannato don Alberto Barin, l’ex cappellano del carcere milanese di San Vittore arrestato più di un anno fa per presunti abusi sessuali nei confronti di 12 detenuti. Tuttavia, gran parte delle accuse sono cadute, tanto che sono stati riconosciuti solo quattro capi di imputazione per violenza sessuale, riqualificati, tra l’altro, nella forma della lieve entità. Tradotto: il parroco ha commesso molestie o toccamenti “in modo repentino”. E così, rispetto ai 14 anni e otto mesi di carcere che chiedeva per lui la Procura, al religioso sono stati inflitti quattro anni di reclusione.

Poco, dunque, è rimasto in piedi dell’impianto accusatorio che aveva portato a processo con rito abbreviato l’ex cappellano, 52 anni, finito in carcere il 20 novembre del 2012. Il procuratore aggiunto di Milano, Pietro Forno, e i pm Daniela Cento e Lucia Minutella gli contestavano violenze sessuali aggravate ai danni di 12 detenuti, tutti uomini di origine nordafricana, di età compresa tra i 23 e i 43 anni, per fatti avvenuti tra il 2008 e il 2012.

Secondo i pm, Barin avrebbe fatto leva sullo “stato di bisogno” dei detenuti: in pratica, avrebbe fatto avere loro sigarette, saponette, spazzolini e altri piccoli beni per vivere meglio in carcere e in cambio li avrebbe costretti a subire atti sessuali.

Il gup di Milano, Luigi Gargiulo, però, stamattina ha assolto il religioso, difeso dal professore Mario Zanchetti, dalle accuse di violenza sessuale su otto dei 12 detenuti che erano stati indicati come persone offese dagli inquirenti. Barin è stato assolto anche da quello che era ritenuto il caso più grave di presunti abusi su un ghanese di 23 anni: fatti per i quali nell’imputazione, tra l’altro, era stato segnalato che il cappellano avrebbe piazzato nel suo ufficio in carcere una sorta di “specchietto retrovisore” per controllare “l’eventuale arrivo di persone”, in modo da “tranquillizzare il detenuto” durante gli atti sessuali.

Don Barin è stato, invece, condannato per quattro casi di violenza sessuale, ma nella forma della “minore gravità” e senza alcun “abuso di autorità“: in sostanza, per toccamenti “repentini” ai danni di un nigeriano di 30 anni, di un algerino di 43 anni e di due ivoriani di 27 e 38 anni. Il reato di concussione, invece, altra accusa che pesava nel processo, è stato riqualificato dal giudice in “induzione indebita a dare o promettere utilità”. In sostanza, Barin avrebbe indotto quattro detenuti (due sono gli stessi riconosciuti come vittime delle molestie, altri due erano anche nelle contestazioni di violenze ‘annullatè dal gup) ad avere rapporti sessuali con lui. Al religioso poi veniva imputato di portare avanti gli abusi anche fuori dal carcere, quando invitava i detenuti scarcerati a casa sua, ma anche questa ipotesi non ha retto il vaglio del gup.

I risarcimenti, ancora da quantificare in sede civile, sono stati riconosciuti solo a quattro degli otto stranieri che si erano costituiti come parti civili. Esclusa l’aggravante dei motivi abietti e futili e ‘cancellatò anche il reato di atti osceni in luogo pubblico.

Barin, che si trova agli arresti domiciliari in un convento, è stato, però, dichiarato interdetto per cinque anni dai pubblici uffici e “in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno”. E’ molto probabile che anche i pm faranno appello, mentre la difesa insisterà sulla tesi degli atti sessuali tra persone maggiorenni e consenzienti. Il gup ha riconosciuto, invece, una sorta di “consenso indotto” (le motivazioni saranno depositate tra 60 giorni).

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