Il segretario della Cgil risponde alle accuse di rigidità avanzate dal governatore di Bankitalia. E aggiunge: "Quelli che chiedono di cambiare verso sono coloro che ci hanno portato fin qui"
Il decreto lavoro continua a dividere. Dopo le parole dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco, secondo cui “rigidità legislative, imprenditoriali e sindacali sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro Paese”, il segretario Cgil Susanna Camusso, dal convegno di Confindustria a Bari, torna sull’argomento e attacca. “Stiamo ancora discutendo di rigidità, quale rigidità – dice – E’ la stagione in cui i colpevoli sono le imprese e i sindacati, perché va di moda. E c’è un entusiasmo di massa nel trovare questi colpevoli”. Ridimensiona la polemica il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che, rispondendo al governatore di Bankitalia, seduto in platea, spiega: “C’è tra noi imprenditori la percezione netta e diffusa della necessità di avviare un cambiamento profondo nella società. Ogni giorno misuriamo i costi altissimi di un immobilismo di maniera, durato troppo a lungo”. Squinzi poi aggiunge di non avere visto alcuna critica nelle parole di Visco perché “Confindustria, la mia Confindustria – ha specificato – ha puntato su innovazione e competitività“. Tuttavia, in tarda mattinata, pare che tra Cgil e Bankitalia sia tornato il sereno, dopo una considerazione molto gradita di Visco, a favore del tempo indeterminato. “Studi della Banca d’Italia mostrano come rapporti di lavoro più stabili possano stimolare l’accumulazione di capitale umano – ha detto – incentivando i lavoratori ad acquisire competenze specifiche all’attività dell’impresa. Si rafforzerebbero l’intensità dell’attività innovativa e, in ultima istanza, la dinamica della produttività”.
Camusso ha inoltre criticato il governo perché “quelli che raccontano che dobbiamo cambiare verso sono gli stessi che hanno contribuito a creare la legislazione sul lavoro che abbiamo adesso”. In sostanza, “quella del lavoro a chiamata, dei voucher, delle associazioni in partecipazione, dei contratti a progetto, delle partite Iva più o meno false, invece di investire sulla qualità del lavoro e della formazione. Possiamo discutere di questo? Non mi pare si vada in questa direzione. Si sta facendo dell’altro. Non si può continuare a contrapporre i mondi. Il tema è che non abbiamo investito sul lavoro, esattamente come non abbiamo investito sull’idea di manifattura”. Camusso, ricordando che la Cgil ha presentato un Piano del lavoro, torna a dire che nel relativo dl”non c’è nulla di innovativo”. E ricorda che in Italia “ci sono 4 milioni di giovani precari“. Al contrario secondo Squinzi, sul decreto lavoro “il governo e il ministro Poletti hanno dato prova di rapidità e coraggio, segni chiari di volontà di cambiare. Ora occorre che il Parlamento confermi questa scelta in fase di conversione”.
Visco: “Le mie parole fraintese. Oggi il problema è il ristagno” – Lo stesso Visco, poi, ridimensiona la polemica. “Bastava ascoltare bene quello che ho detto”, precisa. “E’ stato riportato, ad esempio, con grande clamore un allarme che avrei lanciato ieri. Mi sono semplicemente e con moderazione limitato a ripetere concetti espressi a lungo e da lungo tempo”. “In particolare – ha dichiarato a margine del convegno – non ho detto ieri che ‘le rigidità delle imprese e dei sindacati frenano lo sviluppo’. Mi sono invece riferito ad analisi di questo lungo periodo di crescita ‘ultra frenata’ della nostra economia per gli scorsi venti anni o giù di lì. E ho detto che ‘rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali e sindacali’ mi appaiono ancora come ‘la remora principale allo sviluppo del nostro Paese’ e che ‘i movimenti della politica, del corpo sociale sono apparsi impediti e l’azione è risultata largamente insufficiente rispetto al bisogno’ e ancora che ‘le conseguenze dell’immobilismo sono però diverse da quelle che si manifestavano negli anni ’70: mentre allora era l’inflazione, oggi è il ristagno“.
Il governatore di Bankitalia, poi, ha sottolineato che “una ripresa robusta e duratura della crescita dell’economia italiana costituisce il necessario presupposto per il progressivo riassorbimento della disoccupazione e per offrire concrete prospettive occupazionali ai cittadini tutti e alle generazioni più giovani in particolare, le più colpite dalle crisi; è funzionale a rafforzare la sostenibilità delle finanze pubbliche e la stabilità finanziaria di banche e imprese”. In questo quadro “la ripresa della crescita richiede di affrontare risolutamente i nodi strutturali che hanno frenato l’economia italiana già prima delle crisi e ne hanno aggravato le conseguenze. Non si tratta solo di rimuovere gli ostacoli all’investimento in capitale umano e recuperare i ritardi accumulati nell’adozione di nuove tecnologie; sono necessari comportamenti e politiche volti a stimolare gli investimenti fissi – al tempo stesso fattore di offerta e componente fondamentale della domanda – e a innalzare le frontiere della conoscenza e della tecnologia, in ultima analisi, la crescita del Paese”.
Poletti difende dl lavoro: “Lo ritengo giusto” – Al convegno era presente anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, favorevole al decreto. “Noi abbiamo fatto una proposta – ha detto Poletti – siamo profondamente convinti della sua bontà, quindi la difenderemo al meglio”, dice il ministro. La discussione in Parlamento è “normale”, aggiunge. Ed è altrettanto “normale che nella discussione si possano trovare anche degli aggiustamenti dove ci si convinca che sono utili”. Però, chiarisce il ministro, rivolgendo a se stesso la domanda: “Ti opporresti se lo riscriviamo tutto? Sì, certo. Se ho scritto così, così lo ritengo giusto”. “Come ministro incontro le parti sociali tutte le volte che è utile – ha detto – Ma il governo quando è ora di decidere, decide. Poi i cittadini ci giudicheranno nel bene o nel male”. Insiste sulla necessità di cambiare, premettendo che l’obiettivo non è “stare a vedere quello che succede per durare un giorno in più. Quello che ci interessa veramente è un cambiamento radicale anche nel modo di pensare dei cittadini”. Sul tema specifico del lavoro riconferma, invece, l’obiettivo che il suo “torni a diventare da ministero della disoccupazione ministero dell’occupazione”, investendo e rilanciando le politiche attive, invertendo la logica attuale tutta concentrata sulle politiche passive. E parla anche, sempre nell’ottica della semplificazione e della certezza delle regole, di contratti di lavoro (“un simpatico librone di 250 pagine” che “indica anche il colore della giacca”). “Non è detto che i contratti di lavoro siano fatti esattamente come sono stati fatti negli ultimi 100 anni. Dobbiamo avere il coraggio di ragionarne” e questo “non vuol dire che stiamo ledendo chissà che, stiamo discutendo di qualcosa che è stato scritto all’inizio del ‘900. E sarà ben successo qualcosa dall’inizio del ‘900 ad oggi?”.
Tensioni tra Forza Italia e Pd – Il provvedimento che introduce novità sui contratti a termine, con la possibilità di non inserire la causale per tre anni e di ricorrere fino ad otto proroghe, e che semplifica anche l’apprendistato, apre tensioni in particolare tra Fi e Pd. Temi “intoccabili” per il premier, Matteo Renzi. Il premier punta molto sugli aumenti in busta paga promessi al ceto medio (per la prima volta viene attribuita una sorta di quattordicesima, dice) e sulla possibilità di procedere senza soluzioni di continuità nelle votazioni parlamentari sul pacchetto di riforme istituzionali. Lunedì prossimo il governo presenterà il disegno di legge costituzionale di riforma del Senato e del titolo V (il federalismo), l’Italicum sarà votato da palazzo Madama dopo la riforma del bicameralismo e il premier non esclude che possa essere modificato in qualche parte.
La discussione parlamentare, partita alla Camera, fa però scintille. “Forza Italia voterà il decreto Poletti, così com’è, perché è di fatto il decreto Berlusconi sul lavoro. Che farà un Pd già in frantumi?”, dice il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, lanciando la sfida. “Il Pd migliorerà il decreto lavoro. Brunetta spieghi cosa ha fatto e cosa non ha fatto negli anni del governo Berlusconi. Ora tocca a noi”, risponde il capogruppo Dem alla Camera, Roberto Speranza. Interviene anche Gianni Cuperlo (Pd): “Brunetta deve stare tranquillo. Quando la destra ha governato non ha fatto niente contro la precarizzazione del lavoro, niente per i giovani che si affacciavano alla prima occupazione. Ora c’è un decreto del nostro governo che affronta questi temi e il Pd cercherà, come è giusto che sia, di migliorarlo”.