Le parole del titolo dovrebbero essere abbastanza chiare, no? E anche il termine “licenziamento” ha un senso decisamente più alto di semplici “dimissioni”, istituto al quale si fa riferimento quando l’indignazione nei confronti di un ministro monta sino al punto da chiederne, appunto, l’uscita dal governo. No, in questo caso quel sentimento non c’è, Mariana Madia è persona seria e gentile che non si è macchiata di comportamenti discutibili. Qui, purtroppo, si tratta di qualcosa di più grave, di più strutturalmente dannoso per la cosa pubblica, dovendosi accertare le qualità professionali della medesima applicata al saper far politica da ministro della Repubblica. E siamo al giorno zero.

È inutile, e non sarebbe neppure onesto, tornare al percorso professional-politico di Marianna Madia, per screditare ogni cosa che dice. È giusto, piuttosto, valutare i suoi atti da ministro di questo Paese per farsi un’idea del respiro culturale che la anima, della sua considerazione sociale, dell’attenzione e dell’equilibrio a cui si ispira quando deve maneggiare quel nodo profondo e delicato che è il passaggio generazionale applicato al mondo del lavoro.

Sulla Pubblica amministrazione Marianna Madia sembra avere le idee molto chiare. Al Corriere della Sera ha dettato le sue linee guida, che sostanzialmente si riducono a un unico provvedimento di una semplicità cristallina: fuori dalle balle gli anziani, dentro vagonate di giovani. “Troppi dirigenti, troppo anziani, ogni tre che se ne vanno in anticipo, potremo assumere un funzionario”. Con buona pace delle casse previdenziali, il meccanismo è l’abusato prepensionamento, per cui pesare sullo casse dello stato, visto che la vita media si è molto allungata, per una trentina d’anni quando va bene.

Ma non è neppure questo il punto. Il punto è quello che oggi il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha voluto sottolineare, creando una salutare spaccatura all’interno dell’esecutivo: “Non amo il collegamento tra chi va a casa e chi entra. Un sistema sano non manda a casa gli anziani per far entrare i giovani. È necessaria un’alternanza costante”.

Ecco il punto. La visione liquidatoria di una certa fase della nostra vita, che a una giovane ragazza trentatreenne come Marianna Madia deve apparire come una faticosa appendice di cui liberarsi. Una visione non giovane bensì giovanilista, un tempo si sarebbe detto alla Publitalia, in cui le persone non si valutano più per quello che possono dare in termini intellettuali e professionali, in cui evitare la responsabilità di una scelta in base alle capacità – tu sì tu no – ma congegnare il perverso meccanismo solo intorno a una certa data, a una certa età, oltre le quali, chioserebbe Briatore, “sei fuori!”. Una visione puramente “fisica” – si prende gente con muscoli freschi, gente tonica – che ha nella staffetta generazionale, appunto, il suo punto di massima sintesi. Un perfetto scontro generazionale a orologeria.

Non una parola, invece, da parte del ministro Madia sulla lotta vera da combattere all’interno della Pubblica amministrazione, forse perché troppo scomoda e faticosa: la lotta ai fancazzisti, agli incapaci, a quelli che da anni si nascondono, che lasciano un vecchio cappotto e un mazzo di chiavi in ufficio ma non si vedono mai, alla gente che ruba, a quelle larve della società che è tutta una vita che succhiano dallo Stato e non restituiscono mai. Su tutti questi paracarri della società, neppure una parola.

E forse, a beneficio di chi pensa che mandare via “degli anziani”, come quasi spregiativamente vengono definiti, sia una novità così divertente, sarà utile chiarire che qui si parla di umani spesso non ancora sessantenni, che secondo la comunità scientifica più accreditata sono nel pieno delle loro potenzialità intellettuali.

Così, giusto per la precisione.

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