Votazione a maggioranza sulla relazione del premier Matteo Renzi, 93 a favore, 12 contrari e 8 astenuti. Si conclude così la direzione del Pd, non senza mal di pancia soprattutto per il decreto Poletti sul lavoro. “Non è guerra nel Pd, ma serve unità anche le cariche della segreteria verranno distribuite ascoltando la minoranza”, afferma Debora Serracchiani che con Lorenzo Guerini sarà alla guida del partito come vicesegretario. “Il Jobs act non è una riforma di destra ma è un provvedimento senza etichette che deve piacere agli italiani, serve a ridurre la disoccupazione giovanile e a dare slancio alla crescita del Paese”, aggiunge la Serracchiani. Sul nome di Renzi nel simbolo del Pd, il presidente del Consiglio ha deciso di non metterlo per le Europee. Rimane aperta la possibilità per le prossime elezioni politiche. Contrari Alfredo D’Attorre e Pippo Civati. Ne è un fervente sostenitore il vicepresidente del Pd, Mario Ricci, che aveva proposto la questione: “Renzi ha consenso, è un valore aggiunto per il partito, non capisco perché Il M5S, Forza Italia, Alfano per Ndc, la lista Tsipras che usa un nome di un leader straniero, possono farlo, mentre noi democratici legittimati dalle primarie no, alla fine è una scelta di buonsenso” di Irene Buscemi