Siamo consapevoli che, se passano le “riforme” di Renzi, l’Italia avrà un uomo solo al comando, cioè lui? Abbiamo capito bene che, con la trasformazione del Senato in un ente inutile (lunedì in Consiglio dei ministri), le leggi saranno approvate esclusivamente dalla Camera, senza più la garanzia di una seconda lettura che spesso, nella storia repubblicana, ha evitato pericolosi colpi di mano di questo o quel governo?
È chiaro a tutti che, con la nuova legge elettorale (il cosiddetto Italicum) frutto dell’inciucio tra l’ex sindaco e l’ex Caimano, il partito che vince anche per un solo voto avrà un premio di maggioranza da dittatura parlamentare? Stando a tutti i sondaggi, quella supermaggioranza sarà appannaggio del PR, il Partito di Renzi che avrà nel frattempo trasformato il Pd nel proprio scendiletto (già qualcosa si è visto nel voto bulgaro della Direzione di ieri).
Il turbopremier, a quel punto, potrà far votare dalla Camera qualsiasi cosa desideri: dallo stravolgimento della Costituzione alla “creazione di un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali”. Parole contenute nel documento di Libertà e Giustizia sottoscritto da un gruppo di giuristi e intellettuali tra i più autorevoli e indipendenti (da Zagrebelsky a Urbinati, da Rodotà a Carlassare, Pace, Azzariti, Settis, De Monticelli, Bonsanti) che ha trovato spazio solo sulla prima pagina del nostro giornale. Un silenzio che non può certo sorprendere. Con furbizia fiorentina Renzi sta infatti propinando agli italiani la favola di un taglio netto alla casta dei politici inetti e forchettoni, come se sacrificando gli emolumenti di 315 senatori (mantenendo però le monumentali spese dei relativi uffici) qualcosa potesse cambiare nella voragine dei conti pubblici.
Ma gli italiani, ormai troppo esasperati dalla mala politica, preferiscono credere al pifferaio magico, indifferenti o rassegnati. È difficile andare controvento e pur tuttavia bisogna provarci, perché sono in gioco i fondamenti della nostra democrazia. Possibile che nel Pd e nella sinistra abbiano tutti portato il cervello all’ammasso? Come disse il presidente Scalfaro nel 2006 guidando il fronte del No al referendum che cancellò la controriforma di Berlusconi: “Meglio perdere in piedi che vincere in ginocchio”.
Dal Fatto Quotidiano del 29 marzo 2014